Vale un mese: Giornata internazionale delle famiglie
Nel mese di maggio ricorre la Giornata internazionale delle famiglie. istituita nel 1993 dall’Assemblea generale con la risoluzione A/RES/47/237.
La ricorrenza, che cade il 15 maggio, offre l’opportunità di promuovere la consapevolezza delle questioni relative alle famiglie e di aumentare la conoscenza dei processi sociali, economici e demografici che interessano le stesse.
Ma quali e come sono fatte le famiglie oggi nel nostro Paese? Dal più recente Rapporto Istat per l’anno 2022, emergono dati in parte inaspettati, ma che ben spiegano il mutamento sociale degli ultimi anni e l’urgenza di serie proposte per far fronte all’inverno demografico italiano.
Nel biennio 2020-2021 le famiglie in Italia, stabili rispetto al biennio precedente, sono 25 milioni e 600 mila, con un numero medio di componenti pari a 2,3.
I matrimoni celebrati scendono a 96.841, pari a 87.247 unità in meno rispetto all’anno precedente. Le separazioni legali scendono, passando da 97.474 nel 2019 a 79.917 nel 2020. Riguardo ai divorzi, l’andamento in diminuzione avviatosi nel 2017 continua anche nel 2020: arrivano a 66.662 unità, pari a 18.687 unità in meno rispetto al 2019.
Il 2020 segna un brusco calo del numero di matrimoni, in gran parte dovuto all’impossibilità di celebrare le cerimonie durante i mesi di lockdown a seguito della pandemia da Covid-19. I matrimoni celebrati scendono a 96.841, pari a 87.247 unità in meno rispetto all’anno precedente. Anche il quoziente di nuzialità scende, raggiungendo il valore più basso di sempre, 1,6 per mille (nell’anno precedente era pari a 3,1 per mille); ci si sposa più nelle isole (1,9 per mille).
Nel 2020 quasi tre quarti dei matrimoni sono celebrati con rito civile (71,1 per cento): come negli anni precedenti c’è grande disparità a livello territoriale: in tutte le ripartizioni oltre la metà dei matrimoni è celebrata con il rito civile, con una variabilità che va dal 79,4 per cento del Nord-ovest al 54,6 per cento delle Isole.
A livello internazionale l’Italia continua ad essere il paese con la nuzialità più bassa, seguita dal Portogallo (1,8 per mille) e da Irlanda e Spagna (1,9 per mille). All’estremo opposto, escludendo Cipro il cui dato si riferisce al 2019, si trova l’Ungheria, che, con un quoziente pari al 6,9 per mille, è il paese Ue28 in cui ci si sposa di più.
Le separazioni legali scendono, passando da 97.474 nel 2019 a 79.917 nel 2020; quelle consensuali, come negli anni precedenti, sono in netta prevalenza rispetto alle giudiziali, e rappresentano l’85,3 per cento del totale. I divorzi hanno registrato un aumento marcato tra il 2015 e il 2016, oltre 16 mila eventi in un solo anno, a conferma dell’incremento consistente dovuto all’entrata in vigore a metà 2015 del
“divorzio breve”, che ha ridotto il periodo minimo che deve intercorrere tra il provvedimento di separazione e quello di divorzio. L’andamento in diminuzione avviatosi nel 2017 continua anche nel 2020: i divorzi arrivano a 66.662 unità, pari a 18.687 unità in meno rispetto al 2019.
La tendenza alla semplificazione delle strutture familiari che ha interessato l’Italia negli ultimi venti anni è ormai diventata una condizione strutturale: il numero di famiglie è progressivamente aumentato e a ciò è corrisposta una progressiva riduzione della dimensione familiare, con un aumento delle famiglie unipersonali e una contrazione di quelle numerose. L’ampiezza familiare media è attualmente di 2,3 componenti a fronte dei 2,6 componenti che costituivano la famiglia appena vent’anni fa, e le famiglie unipersonali, che oggi rappresentano un terzo del totale delle famiglie (il 33,2 per cento), sono cresciute di quasi 10 punti rispetto al periodo 2001-2002 (24,0 per cento). D’altra parte, anche le famiglie numerose – ovvero quelle con cinque o più componenti – che oggi rappresentano poco più del 5 per cento del totale, hanno mostrato un sensibile calo passando dal 7,1 per cento del biennio 2001-2002 all’attuale 5,1 per cento.
A livello territoriale, le famiglie presentano differenze importanti che tuttavia si stanno progressivamente riducendo nel corso del tempo per effetto delle tendenze in atto. La quota di famiglie unipersonali è più alta nelle regioni del Nord-ovest e del Centro (rispettivamente, il 35,5 e 35,9 per cento) e più bassa nelle Isole (31,2 per cento) e, soprattutto, al Sud (30,0 per cento) ma è proprio in questa ripartizione che si registra l’incremento maggiore delle famiglie monocomponente rispetto allo scorso biennio. All’opposto, la quota più alta di famiglie con almeno cinque componenti si regista al Sud (6,4 per cento del totale), ma è in diminuzione. Il numero medio di componenti resta, dunque, più alto nelle regioni meridionali (rispettivamente, 2,5 al Sud e 2,4 nelle Isole), ma la riduzione registrata negli anni ha riguardato in misura maggiore proprie queste ripartizioni.
La gran parte delle famiglie (63,1 per cento) è formata da un unico nucleo familiare. Si tratta soprattutto di coppie con figli (il 32,5 per cento del totale delle famiglie), che per lungo tempo hanno rappresentato la tipologia familiare prevalente e che negli ultimi anni sono state raggiunte e superate dalle famiglie unipersonali, e di coppie senza figli (il 19,9 per cento).
Una famiglia su dieci è formata da un nucleo monogenitoriale, si tratta prevalentemente di madri sole (8,6 per cento) e solo nel 2,1 per cento di casi di nuclei composti da padre e figli.Le famiglie senza nucleo rappresentano complessivamente il 35,6 per cento del totale e sono costituite per la quasi totalità da persone che vivono da sole (il 33,2 per cento del totale delle famiglie) e per il 2,4 per cento da persone conviventi tra cui non sussistono legami di coppia o di tipo genitore-figlio. Le famiglie composte di due o più nuclei restano una tipologia residuale, stabile al 1,3 per cento del totale delle famiglie.
La composizione delle famiglie può essere analizzata anche osservando il ruolo che occupano in famiglia i singoli componenti. Una persona su tre riveste il ruolo di genitore nell’ambito di famiglie formate da un solo nucleo: il 27,9 per cento vive con il partner e i figli, il 4,6 per cento in nuclei monogenitori. I figli celibi e nubili che vivono nella famiglia di origine, senza componenti aggiunti, sono invece il 29,4 per cento del totale, il 23,1 per cento vive con entrambi i genitori, il 6,3 per cento con un genitore solo.
Vive col proprio partner, senza figli e senza componenti aggiunti, il 17,5 per cento del totale delle persone che vivono in famiglia; vive da solo il 14,2 per cento. Residuale la quota di persone che vive in famiglie con due o più nuclei (3,1 per cento), in altre famiglie senza nucleo (2,2 per cento) o come membri isolati di un nucleo (1,1 per cento) .
Il ruolo che rivestono gli individui nella famiglia varia nelle diverse fasi del ciclo di vita. Fino ai 17 anni, quasi tutti i giovani vivono in famiglia come figli: l’82,4 per cento vive con entrambi i genitori e il 13,0 per cento con uno solo.
La crisi demografica è riassunta in una immagine: tra i 18 e i 34 anni poco meno del 30 per cento delle persone ha lasciato la famiglia di origine e vive con il proprio partner, con i figli (13,1 per cento) o senza (7,0 per cento), oppure da solo (6,9 per cento).
Nelle età centrali prevale il ruolo di genitore, il 56,1 per cento delle persone tra i 35 e i 54 anni vive con partner e figli, il 6,5 per cento in nuclei monogenitori; vive da solo il 12,5 per cento delle persone di questa fascia di età e il 10,3 per cento vive con il partner ma senza figli. Tra i 55 e i 64 anni, il 43,2 per cento vive in coppia con i figli e uno su quattro vive solo con il proprio partner (il 24,8 per cento). Dai 65 anni in poi la condizione prevalente è quella di partner all’interno di una coppia senza figli (41,8 per cento) ed è massima la quota di persone sole (30,5 per cento)