BLOG

Vacanza…in minoranza. Le minoranze linguistiche storiche in Italia tra legge … e realtà

Lingua Diritto Diritti - Elena Pepponi - 20 Settembre 2023

Se le vacanze sono finite, i diritti non vanno mai in vacanza. Durante questo mese di agosto ho riflettuto sul fatto che in molti dei bellissimi luoghi spesso scelti in Italia per trascorrere le ferie sono presenti le cosiddette minoranze linguistiche storiche. Dai franco-provenzali di Piemonte e Valle D’Aosta ai catalani di Sardegna, dai ladini delle valli venete e trentine ai greci di Calabria e agli albanesi di Puglia, Calabria, Basilicata e Molise, dalle spiagge cristalline alle montagne fiorite, l’Italia è attraversata da queste comunità più o meno vaste che mantengono con differente vigore lingue tradizionali diverse dall’italiano.

Ecco quindi un punto sulle minoranze linguistiche e culturali in Italia, una scoperta per chi non sa quasi nulla di queste realtà e un “ripassino” per chi ha più esperienza.

Minoranze linguistiche: chi sono costoro?

Quando si parla di minoranze linguistiche, bisogna fare innanzitutto un distinguo importante. L’Italia, per via della sua posizione geografica e per diversi motivi geopolitici, è stata ed è una terra di immigrazione, soprattutto negli ultimi trent’anni. È chiaro quindi che sul territorio italiano convivono centinaia di migliaia di persone per le quali la madrelingua è diversa dall’italiano: pensiamo alle persone provenienti dalla Cina, dalla Romania, dall’Ucraina, dal sub-continente indiano o dai paesi arabofoni dell’Africa e dell’Asia, tanto per citare alcune tra le principali comunità di persone straniere residenti in Italia. Tutti questi gruppi etnici sono arrivati in Italia in tempi relativamente recenti e la loro integrazione anche linguistica è frutto di dibattito e studio continuo. Normalmente, queste sono le comunità che, nell’atto di avere figli (o di far trasferire con loro da piccolissimi i figli avuti nei propri paesi d’origine) danno vita a quelli che sono i cosiddetti “italiani di seconda generazione”, anche se ormai siamo quasi alla terza. Tutte queste comunità, quindi, non devono essere considerate nella riflessione sulle minoranze storiche, poiché si tratta di minoranze di recente immigrazione.

Le minoranze linguistiche storiche in Italia abitano invece la penisola da centinaia o migliaia di anni e fanno capo a 12 gruppi linguistici: albanese, catalano, croato, francese, franco-provenzale, friulano, germanico, greco, ladino, occitano, sardo e sloveno. Queste lingue sono praticate da circa 2,5 milioni di parlanti distribuiti in 1171 comuni di 14 regioni. Solo la Lombardia, l’Emilia-Romagna, le Marche, il Lazio, la Toscana e l’Umbria non presentano alcuna minoranza linguistica storica.

Legislazione a tutela delle minoranze linguistiche

Dato che questa rubrica è dedicata all’incontro tra lingua e diritto, quale territorio è migliore per esplorare le tutele che la legge esercita nei confronti delle lingue di minoranza?

Durante l’epoca fascista, le minoranze storiche linguistiche e culturali in Italia attraversarono un periodo poco felice. La spinta accentratrice e omologatrice del regime, infatti, non tollerava che si parlassero altre lingue, neppure nelle aree più periferiche del territorio nazionale. Nel 1934, il ministro Francesco Ercole eliminò dai programmi scolastici qualsiasi lingua, dialetto o idioma che fossero diversi dall’italiano standard. Nel secondo dopoguerra, però, l’Assemblea Costituente decise di inserire la tutela delle minoranze come principio nella stessa Costituzione italiana. L’articolo 6, infatti, sancisce proprio che “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.

Da quel momento in poi, bisognerà aspettare “solo” (si fa per dire…) 50 anni perché una legge specifica sulle minoranze linguistiche storiche veda la luce in Italia. Si parla, naturalmente, della celebre legge quadro n° 482 del 1999 rubricata, appunto, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Il percorso per arrivare a questa legge non è stato semplice, né breve.

Prima della legge n. 482/99, solo quattro minoranze erano tutelate esplicitamente: la comunità francofona in Valle D’Aosta, la minoranza germanofona nella provincia di Bolzano, quella ladina della medesima provincia, pur con diritti meno ampi della germanofona, e infine la minoranza slovena in provincia di Trieste (e, con diritti più ristretti, in provincia di Gorizia). Altre lingue, come il sardo e il catalano in Sardegna, o il Friulano in Friuli Venezia Giulia, erano tutelate da specifiche leggi regionali.

Negli anni Settanta, il Parlamento italiano cominciò a orientarsi per il riconoscimento di tutte le minoranze storiche presenti sul territorio italiano, e lo fece nominando una commissione di tre membri incaricata di individuare quali fossero tali minoranze e dove fossero collocate. La commissione, composta da Tullio De Mauro, Giovan Battista Pellegrini e Alessandro Pizzorusso, individuò tredici minoranze storiche, cioè le dodici già menzionate più quella formata dal popolo Rom e Sinto. Dopo varie vicende e alterne fortune, nel 1999 venne approvata la legge che conosciamo (un tentativo c’era stato già nel 1991, e il disegno di legge aveva superato il vaglio di Montecitorio, ma non aveva compiuto il suo percorso perché, prima che potessero approvarlo anche al Senato, le Camere erano state sciolte). Dalla legge del ‘99 mancano i Rom e i Sinti, non tutelati perché mancanti del requisito della territorialità. Ma questa è un’altra storia.

Le lingue di minoranza non sono tutte su un piano di parità gerarchica: ce ne sono alcune che godono di maggiori spazi di tutela, mentre per altre la considerazione è molto bassa, e si riduce perlopiù a conservazioni locali e a studi ultra-specialistici in contesto accademico. Il linguista Fiorenzo Toso, prematuramente scomparso nel 2022, sosteneva che la legge 482/99 fosse infatti imperfetta, in quanto non capace di raccogliere la diversità di queste comunità e di fornire loro una considerazione paritaria.

Cosa succede nella vita reale       

In un mondo globalizzato come quello contemporaneo, cosa succede alle minoranze? C’è il rischio concreto che esse si riducano a niente più che “fenomeno di colore” da proporre come prodotto tipico locale, per l’appunto, alle comitive di turisti in visita estiva? In alcune zone, le lingue di minoranza sono saldissime e stabilmente parlate in diversi contesti, come ad esempio in Sardegna lo è il sardo. In altre comunità, vuoi per il loro essere meno numerose, vuoi per la forte spinta d’emigrazione delle persone giovani verso altri luoghi, vuoi ancora per il loro essere meno tutelate e “famose” di altre, la resistenza è affidata perlopiù alle persone di età avanzata.

Proprio la Sardegna, ultimamente, è stata al centro di una polemica per il mantenimento e il consolidamento della lingua sarda nell’istruzione pubblica. Il magazine dedicato al mondo scolastico Orizzonte scuola riporta una lettera di protesta di un lettore: la cosiddetta “call veloce” di luglio-agosto 2023 per trovare docenti per l’anno scolastico 2023-2024 ha infatti fatto sì che oltre 170 posti (100 di sostegno, più di 70 su materie quali Arte, Letteratura, Musica) siano stati assegnati a docenti provenienti da altre regioni d’Italia (https://www.orizzontescuola.it/in-sardegna-assegnate-oltre-170-cattedre-a-insegnanti-provenienti-da-altre-regioni-ditalia-lettera/). Secondo la lettera di protesta, alla Sardegna andrebbe applicata la stessa normativa che tutela la minoranza linguistica ladina. Nelle scuole di lingua ladina, infatti, possono insegnare docenti madrelingua ladini oppure docenti certificati, cioè che abbiano superato un percorso formativo di lingua e cultura ladina. Se applicato in Sardegna, questo principio consentirebbe di garantire alle alunne e agli alunni dell’isola docenti di madrelingua sarda o comunque che siano stati formati per non perdere cultura e tradizioni locali.

A prescindere da come la si pensi sulla questione, è chiaro quindi che il dibattito è fertile e consente di sperare che le minoranze linguistiche non siano, tra qualche anno, solo un ricordo, ma continuino ad arricchire la nostra penisola con tradizioni antichissime che fanno parte del nostro tessuto sociale.

Potrebbe interessarti anche