Una proposta di Raccomandazione per i 6 milioni di Rom europei
La bandiera ufficiale del popolo Rom è stata approvata nel primo Congresso Mondiale rom del 1971 a Londra: è una ruota di carro rossa che si muove tra terra (campo verde) e cielo (campo azzurro), a ricordo dell’origine indiana della nazione e in omaggio al tradizionale nomadismo della minoranza etnica più grande d’Europa.
Secondo la più recente indagine del Parlamento Europeo, i rom in Europa sono circa 12 milioni di persone, di cui 6 vivono nell’UE e la maggior parte dei quali possiede la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione. Una parte significativa dei rom presenti in Europa vive in condizioni di emarginazione, sia nelle aree rurali che in quelle urbane, e in pessime condizioni socioeconomiche.
Come segnala la <<Relazione sull’attuazione delle strategie nazionali d’integrazione dei rom: combattere gli atteggiamenti negativi nei confronti delle persone di origine romanì in Europa>> della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, la discriminazione, l’esclusione sociale e la segregazione subite dai rom si rafforzano reciprocamente.
In considerazione dell’accesso limitato a un’istruzione di qualità e della difficoltà di integrazione nel mercato del lavoro, i rom sono maggiormente esposti alla disoccupazione e alla precarietà del lavoro. Questa situazione innesca una spirale viziosa: limitando le opportunità di riduzione della povertà e di inclusione sociale attraverso il mercato del lavoro, si riduce conseguentemente l’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità, determinando condizioni di vita e di salute precarie, con tassi di mortalità più elevati e quindi una minore aspettativa di vita rispetto al resto della popolazione.
Dall’Indagine su rom e nomadi 2019 della FRA-Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali emerge che l’80 % dei rom presenti nei nove Stati membri dell’UE con la maggior presenza di popolazione rom, (soprav)viva al di sotto della soglia di povertà del paese di residenza; un rom su tre viva in alloggi senza acqua corrente; il 50% dei rom fra i 6 e i 24 anni non è scolarizzato.
Come se tutto ciò non bastasse, i rom sono vittime di discriminazione e di una disparità di accesso ai servizi pubblici.
A difesa delle minoranze nazionali esiste una Convenzione quadro del Consiglio d’Europa aperta alla firma nel 1995. Interessante è il suo sistema di monitoraggio, dal momento che si prevede che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, assistito dal Comitato consultivo, composto da esperti indipendenti, verifichi e sorvegli l’attuazione della Convenzione da parte dei suoi Stati Parti.
A tal proposito, il 5 ottobre scorso il Comitato consultivo ha espresso un parere circa la tutela dei rom in Spagna, a seguito di visite sul territorio avvenute a partire da dicembre 2019.
Il parere riconosce i passi avanti compiuti per la protezione sociale e la promozione della parità per i Rom in ambiti come l’istruzione, l’assistenza sanitaria e gli alloggi, nonché l’incentivo al clima di tolleranza nella società e nel discorso politico: la recente elezione di quattro membri di etnia rom al Parlamento è stato accolto come segnale positivo. Tuttavia, resta ancora molto da fare: persiste la discriminazione nei confronti dei rom a livello locale e regionale e manca una legge antidiscriminatoria completa.
Il Comitato sollecita le autorità affinché si adottino misure specifiche, quali:
– l’imposizione dell’obbligo scolastico fino all’età di 16 anni
– l’eliminazione delle baraccopoli ancora esistenti nelle Comunità autonome
– la modificazione dell’articolo 22.4 del Codice penale spagnolo per fare dell’antiziganismo una circostanza aggravante
– l’incentivo della partecipazione attiva di donne e nuove generazioni agli affari pubblici e alla vita politica
– l’introduzione della storia e della cultura rom nei programmi scolastici in tutta la Spagna (ciò accade già nelle comunità autonome di Leòn, Castilla e Navarra)
– la garanzia che i dizionari linguistici e i media, in particolare i social media, non trasmettano stereotipi negativi sui rom
– il supporto della lingua Caló, parlata dai rom spagnoli, in via di scomparsa, attraverso la ricerca accademica indipendente
– la promozione di un’educazione interculturale.
Il Governo spagnolo ha risposto formalmente alle critiche mosse, inviando i propri commenti e anticipando che si sta lavorando per una legge generale in materia antidiscriminatoria, auspicabilmente affiancata da un organo di verifica indipendente.
Fin qui la situazione in Spagna, vediamo ora come stanno le cose in Italia.
Nel 2017, l’ISTAT ha pubblicato un rapporto realizzato insieme all’ UNAR – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e all’Anci – Associazione dei comuni italiani, dal quale si evince che in Italia ci sono tra le 110mila e le 170mila persone che si identificano come rom, sinti o caminanti. Circa 70 mila sono di nazionalità italiana.
Anche l’Italia è stata oggetto di attenzione da parte del Comitato consultivo previsto dalla Convenzione-quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, con un parere del 2016 in cui si è esortata l’Italia a compiere maggiori sforzi soprattutto in merito ai “campi nomadi”, al fine di individuare alloggi adeguati. Di recente Szabolcs Schmidt, capo Unità della Commissione Europea su “Non-discrimination and Roma coordination”, è intervenuto in merito alla situazione del campo rom Area F di Castel Romano, insistendo affinché l’annunciata chiusura dell’insediamento <<avvenga nel pieno rispetto del diritto dell’Unione e degli altri diritti umani internazionali in ottemperanza agli obblighi come quelli stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo>>.
Il quadro europeo è, dunque, in movimento: il 7 ottobre è stato pubblicato il documento della Commissione UE Roma strategic framework for equality, inclusion and participation for 2020-2030.
Il quadro strategico UE, nella forma di proposta di progetto di raccomandazione (attualmente all’esame del Consiglio), individua una serie di obiettivi sui progressi minimi da raggiungere entro il 2030, fornendo orientamenti agli Stati membri su come realizzarli. Ma il percorso, pur positivo, è irto di ostacoli, il primo dei quali è il pregiudizio che accompagna la comunità rom e che non può essere sradicato senza serie azioni inclusive, che partano dalla pari dignità di tutte le culture europee.