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Salute e sicurezza nelle cooperative sociali: partecipazione e inclusione

Giornate Internazionali - Giulia Colombo - 19 Aprile 2023

Il prossimo 28 aprile 2023 ricorre la Giornata mondiale per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, che rappresenta l’occasione per riflettere su temi di notevole attualità e importanza, che toccano trasversalmente diversi ambiti, come quello giuridico, sociale, economico, psicologico, interconnessi tra loro.

Da un punto di vista normativo, l’art. 32 Cost. «tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Nell’ambito del rapporto di lavoro, salute e sicurezza rappresentano due facce della stessa medaglia, infatti, la «tutela delle condizioni di lavoro» viene garantita dall’art. 2087 Cod. Civ. La disposizione fa gravare sul datore di lavoro una responsabilità significativa, in quanto questo deve adottare tutte «le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

Si tratta di una clausola elastica che sta “al passo con il tempo”, perché capace di inglobare le situazioni più disparate. Alla luce di questi precetti generali e di principio, la disciplina di dettaglio è contenuta nel D.Lgs. n. 81/2008, cd. Testo Unico sulla sicurezza, che è retto da due principi fondamentali: la prevenzione e la partecipazione.

La prospettiva che si intende assumere per l’analisi del citato decreto è comprendere, in primis, il campo di applicazione e se le tutele possono considerarsi formalmente e (anche) sostanzialmente uguali per quelle realtà che presentano un organico “diverso”, rispetto alle imprese tradizionali, quali sono le cooperative sociali.

Per quanto attiene il primo profilo, i soggetti tutelati, che rientrano nell’alveo del T.U., sono «tutti i lavoratori e le lavoratrici nonché [a]i soggetti ad essi equiparati» (art. 3, co. 4). Per comprendere il contenuto della nozione di «lavoratore» è necessario fare un passo indietro al precedente art. 2 che nel definire quest’ultimo lo equipara al «socio lavoratore di cooperativa», pertanto, i diritti e gli obblighi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro previsti per il lavoratore si applicano, necessariamente, anche al socio medesimo.

Analoghe considerazioni riguardano il «datore di lavoro», perché anche per le cooperative vale la definizione secondo la quale è tale «il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto organizzativo nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa».

In linea con quanto affermato dal legislatore, la giurisprudenza (Cass. 15 aprile 2010 n. 14531; Cass. 27 settembre 2012 n. 37329; Cass. 28 marzo 2018, n. 14268) conferma l’applicazione delle tutele anche nei confronti dei soci di cooperativa di lavoro, oltre al «lavoratore», e che il presidente e il legale rappresentante, in quanto «datore di lavoro», devono essere considerati i destinatari delle norme antinfortunistiche e possibili responsabili nel caso in cui si verifichi un incidente nel luogo di lavoro.

Si possono, però, riscontrare alcune perplessità in merito alle tutele spettanti ai soggetti più deboli del mercato del lavoro, come le persone con disabilità.

In particolare, è opportuno analizzare quali sono le tutele riconosciute ai soci lavoratori di cooperativa sociale specie di tipo b) ex L. n. 381/1991, che hanno come finalità l’inserimento lavorativo di questi soggetti. Ricordiamo che le cooperative sociali di tipo b) possono svolgere qualsiasi attività di impresa (agricole, industriali, commerciali o di servizi) e destinare almeno il 30% dei posti di lavoro a persone svantaggiate, che, diversamente, potrebbero rimanere escluse dal mondo del lavoro. Consegue, dunque, che le persone disabili devono costituire almeno il 30% della compagine sociale e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa.

I soci della cooperativa sociale di tipo b) possono, inoltre, essere:

  • soci ordinari che esercitano un’attività retribuita i quali devono rappresentare la maggioranza dei soci aventi diritto di voto;
  • soci volontari, in misura non superiore al 50% del numero complessivo di soci che, come nelle Organizzazioni di Volontariato, hanno diritto solo al rimborso delle spese ad eccezione dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali;
  • persone giuridiche pubbliche e private.

Il D.Lgs. n. 81/2008 richiama espressamente all’art. 3, co. 3-bis le cooperative sociali prevedendo che «le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività», che vengono individuate dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 13 aprile 2011, che all’art. 7 sancisce l’applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 al lavoratore o al socio lavoratore di cooperativa sociale quando questo «svolga la propria attività al di fuori delle sedi di lavoro tenendo conto dei rischi normalmente presenti». Inoltre, in questa ipotesi, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore o il socio lavoratore «sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui egli è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività».

Si considerano dunque solo le ipotesi in cui il lavoratore o socio lavoratore compie la propria prestazione lavorativa aliunde rispetto alle “normali” sedi di lavoro. La previsione continua puntualizzando, che le attività di formazione, informazione e addestramento devono essere realizzate compatibilmente con lo stato di disabilità se il soggetto interessato presenta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79%.

Questo modello è confermato dal Contratto collettivo nazionale per le Cooperative sociali, che all’art. 74 si limita a richiamare il D.Lgs. n. 81/2008 e il decreto del Ministero del Lavoro del 2011.

L’articolo 63, co. 2,  D.Lgs. n. 81/2008 recita inoltre: «I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili»

L’articolo 42 dello stesso decreto al comma 1, prevede che «il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6 (visite disposte nell’ambito della sorveglianza sanitaria), attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza».

Alla luce di quanto esposto finora, si potrebbe pensare che la sicurezza del lavoratore disabile rientri semplicemente nella normativa più ampia sulla sicurezza dei posti di lavoro. Invece, va formulata una essenziale precisazione: all’atto dell’assunzione, il datore di lavoro deve chiaramente indicare e definire le mansioni specifiche e i ritmi (anche per lavorazioni non interessate a sorveglianza sanitaria) per ciascun disabile di cui si faccia carico; inoltre particolari attenzioni o limitazioni vanno assunte per attività che presentano una pericolosità intrinseca.

Nel 2018 l’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) ha denunciato la mancanza di linee guida condivise relative al tema urgente della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici con disabilità intellettiva, che rispetto a quella fisica deve scontrarsi con stereotipi ancora più ardui da contrastare. La medesima associazione è protagonista del progetto VALUES, che riguarda la realizzazione di un corso di formazione per la sicurezza sul lavoro con modalità di alta comprensibilità per persone con disabilità intellettiva.

L’esaltazione dei modelli (partecipativi) cooperativi e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici con disabilità intellettiva può realizzare una vera sinergia, nella consapevolezza che fare sicurezza significa fare inclusione.

È necessario coinvolgere le persone con disabilità, per risolvere le criticità e aggiornare i criteri relativi alla sicurezza, promuovendo l’idea che la persona con disabilità, anche intellettiva, debba essere un soggetto attivo all’interno dell’azienda anche dal punto di vista della sicurezza.

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