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La transizione ecologica del PNRR è inclusiva?

Attualità - Loretta Moramarco - 20 Dicembre 2022

A dicembre 2022 è stato pubblicato il rapporto Policy challenges and policy actions for a just climate transition. Five recovery plans in comparison, a cura di Linnea Nelli, Maria Enrica Virgillito, Andrea Roventini.

Si tratta di uno degli esiti del Recovery Watch, un progetto della FEPS (Fondazione per gli Studi Progressisti Europei) in collaborazione con altre fondazioni europee e centri di ricerca, tra cui il Forum Disuguaglianze Diversità.

Il 15 dicembre presso il CNEL si è svolto il seminario “Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: valutare per migliorare” (accessibile sul canale Youtube del CNEL), durante il quale la prof.ssa Virigilito, Associata in Economia Politica, presso la Scuola Superiore Sant’Anna, ha tenuto una relazione su Lavoro e transizione ecologica. La prof.ssa Virgilito ha illustrato il rapporto, che analizza i piani di ripresa e resilienza di cinque paesi europei (Germania, Slovacchia, Spagna, Italia e Svezia), rispetto all’obiettivo di una transizione ecologica giusta. Per transizione giusta si intende il processo verso la neutralità climatica che sia in grado di garantire stabilità occupazionale; sostenibilità ambientale ed eguaglianza economica.

Gli autori del rapporto utilizzano la lente della geografia economica, con un focus territoriale specifico sui luoghi abbandonati, e identificano tre principali sfide politiche: gli effetti sull’occupazione, le discriminazioni ambientali (environmental inequalities) e le diseguaglianze di genere.

I cinque paesi sono stati selezionati secondo un criterio di eterogeneità, dal punto di vista dell’assetto produttivo, del saper fare e del saper fare policy.

L’Italia, come è noto, è il Paese che ha ricevuto la quota più alta di risorse per la ripresa; 68,9 miliardi di euro in contributi e 122,6 miliardi di euro di prestiti da investire. Il 37% delle risorse è destinato alla transizione climatica.

Gli autori del rapporto dedicano un attenzione specifica al parametro “genere”. Sebbene il PNRR italiano miri a favorire l’istruzione femminile in materie STEM, non si occupa di come tali competenze possano essere utilizzate per la transizione climatica, sebbene essa si basi anche sull’utilizzo di tecnologie innovative soprattutto nel settore energetico. Vi è, invece, un riferimento specifico alla diseguaglianza di genere rispetto alla ristrutturazione e costruzione di edilizia residenziale pubblica, essendo soprattutto donne i genitori single che non riescono ad accedere all’abitazione.

Lo stato più virtuoso è la Svezia, il cui Piano considera la dimensione di genere direttamente.

Considerato che la transizione climatica ha influenzato settori a predominanza maschile, come il manifatturiero e l’industria delle costruzioni, il piano svedese suggerisce all’Agenzia per la protezione ambientale unitamente alle autorità regionali e alle Autorità per la diseguaglianza di genere, di affrontare in maniera mirata la questione della diseguaglianza di genere per raggiungere l’obiettivo di una transizione climatica paritaria di genere (gender-equal climate transition).

Il modello svedese rappresenta una best practice verso una just climate transition, in quanto propone una prospettiva politica multidimensionale e integrata.

L’Italia, al contrario, oltre a presentare quadri politici ex ante deboli, non presenta investimenti e interventi mirati. Nel nostro paese, peraltro, esistono svariate zone di sacrificio, in cui si realizza il conflitto tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute, aree di spopolamento e di deprivazione. Tra i progetti da monitorare a riguardo vi è quello presentato dalla Regione Puglia per Taranto.

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