La Dignità: la chiave per l’inclusione delle persone con disabilità
«Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita». Così, il giorno dell’insediamento, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella evidenzia l’attenzione da riservare al mondo della disabilità e alla tutela dell’eguale dignità umana nella prospettiva di una piena inclusione (cfr. M. Brollo, F. Bilotta, A. Zilli, Lessico della dignità, 2021).
Una “piccola” frase che, pur nella sua brevità riesce a cogliere il senso più profondo dell’art. 3, 2° comma della Costituzione italiana.
Una dichiarazione che si focalizza sulla dignità delle persone con disabilità, sovente scalfita da resistenze culturali, che non consentono di considerare la diversità quale risorsa e che, tutt’oggi, non permettono di vincere l’eterna «sfida delle differenze» (M. D’Antona, L’autonomia individuale e le fonti del diritto del lavoro, in Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind., 1991, 455-487).
Una dichiarazione che, al tempo stesso, sottolinea come tutto il Paese sia chiamato a non restare indifferente ai disagi (incolpevolmente) sofferti dalle persone con disabilità. Nella mente del Presidente Mattarella, è chiara la necessità di un’assunzione collettiva di responsabilità. In altri termini, quei disagi incolpevoli della quotidianità delle persone disabili non sono problemi individuali, ma sono tali da dover essere assunti dall’intera collettività.
Una dichiarazione che rimarca l’importanza delle parole che si utilizzano quotidianamente (Agenzia delle entrate, Disabilità. Iniziamo dalle parole, 2021), spesso figlie del pregiudizio e capaci di stigmatizzare le persone con disabilità.
Una dichiarazione che richiede allora di abbandonare stereotipi e pregiudizi e che condanna ogni forma di discriminazione.
Una dichiarazione che, invero, si pone in stretta continuità con quanto il Capo dello Stato aveva espresso, esattamente sette anni prima, in occasione del discorso successivo alla sua prima elezione, chiarendo come «garantire la Costituzione» significhi anche «rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità».
Una dichiarazione che enfatizza, quindi, l’esigenza di abbattere, preventivamente, gli ostacoli all’esplicazione dei diritti fondamentali, in aderenza a quanto già sancito dalla Convenzione ONU del 2006, che ci ha insegnato (rectius, avrebbe dovuto insegnarci) come la disabilità non sia una caratteristica personale insita in una patologia o in una menomazione, ma come questa rappresenti il risultato dell’interazione tra la persona e un’organizzazione sociale che ne limita attività e possibilità.
Una dichiarazione che, pertanto, riafferma l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e l’interrelazione di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità, senza alcun tipo di discriminazione.
Una dichiarazione da cui si evince che l’onere di assicurare la fruizione di ambienti accessibili, davvero erga omnes, è certamente il mezzo idoneo a perseguire l’obiettivo di tutelare la dignità – quale sintesi di libertà, indipendenza, autonomia e uguaglianza – di ogni persona.
Una dichiarazione che sullo sfondo tiene ben presente la condizione spesso precaria in cui vivono le persone con disabilità e i loro familiari, gravati dagli oneri di cura e assistenza. Una condizione che la pandemia ha reso maggiormente visibile a molti e che è la risultante delle persistenti difficoltà occupazionali (e reddituali) delle persone con disabilità, tanto nella fase di accesso, quanto nel prosieguo del rapporto di lavoro.
Una dichiarazione avvenuta a pochi giorni dall’annuale termine per l’adempimento dell’obbligo dei datori di lavoro pubblici e privati, onerati dell’assunzione delle persone con disabilità ex art. 3, L. n. 68/1999, di procedere all’invio del prospetto informativo sulla situazione dei propri lavoratori. Non si può non cogliere la vicinanza temporale di questi due avvenimenti per rimarcare la necessità di un’inversione di marcia radicale per l’inclusione delle persone con disabilità nei contesti di lavoro, peraltro recentemente ribadita dall’inasprimento delle sanzioni amministrative di cui all’art. 15, L. n. 68/1999, previste il mancato inserimento lavorativo delle persone con disabilità.
Con una “piccola” frase, insomma, il Presidente della Repubblica ci ha profondamente sollecitati a riflettere su una “grande” questione sociale: è ora tempo di passare ai fatti per riconoscere il valore delle persone con disabilità, ossia la loro dignità.