In Puglia la parità retributiva di genere è legge
Il 6 ottobre scorso, la Regione Puglia ha promulgato la legge n. 35 rubricata “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra i generi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile”.
Il provvedimento, in vigore dal 23 ottobre scorso, ha lo scopo di promuovere l’effettiva applicazione del principio della parità retributiva fra i generi (secondo quanto stabilito dal Piano di azione dell’Unione Europea per il 2017-2019 “Affrontare il problema del divario retributivo di genere”), nonché quello di contrastare le discriminazioni di genere, favorire il lavoro femminile autonomo e dipendente, garantire maggiori servizi per consentire la conciliazione dei tempi vita- lavoro.
La Puglia, di fatto, ha anticipato nei tempi il legislatore nazionale che sta per “varare” una legge sulla parità di genere a partire dalla parità retributiva. Si tratta del DDL rubricato “Modifiche al codice di cui il d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo” definitivamente approvato dalla Commissione Lavoro al Senato il 26 ottobre u.s. nel testo già congedato dalla Camera dei deputati il 13 ottobre (già commentato in un articolo pubblicato in questo sito) e in attesa di pubblicazione.
Il capo I della Legge regionale (artt. 1-5) prevede specifiche misure per attuare il principio di parità retributiva di genere. Di particolare interesse gli art. 3 e 5. L’art. 3 istituisce un elenco a cui potranno iscriversi i datori di lavoro (anche pubblici) in possesso di determinati requisiti (da individuarsi con apposita delibera di Giunta Regionale) che attuano la parità retributiva tra uomini e donne. A favore degli iscritti in tale elenco viene previsto un sistema di premialità (art. 5) che comprende, in caso di partecipazione degli stessi a bandi che prevedono l’erogazione di fondi pubblici o a capitolati d’appalto pubblico, l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo pari all’1% di quello totale in sede di gara.
Sempre l’art. 5 prevede, poi, uno specifico obbligo di inserire nei bandi per l’erogazione di fondi pubblici e nei capitolati d’appalto pubblico, clausole esplicite che obbligano il beneficiario, appaltatore o subappaltatore ad applicare e far applicare nei confronti dei dipendenti uguale retribuzione tra donne e uomini a parità di inquadramento e mansioni. La violazione di tale obbligo comporta la risoluzione del contratto stipulato per conseguire i predetti benefici.
Il Capo II della Legge è dedicato agli strumenti a sostegno del lavoro delle donne. Più specificamente, al fine di contrastare ogni comportamento illecito dei datori nei confronti del personale donna, l’art. 6 dispone che nei bandi e negli avvisi pubblici vengano inserire clausole che prevedono: a) la sospensione dei benefici, anche economici, alle imprese condannate con sentenza passata in giudicato nell’ambito di giudizi aventi a oggetto le dimissioni oppure il licenziamento dichiarati illegittimi perché posti in essere in violazione delle norme in materia di tutela della maternità/paternità nonché per discriminazioni o molestie sessuali sui luoghi di lavoro; b) l’esclusione delle predette imprese da qualunque beneficio, erogato o attribuito dalla Regione, per il biennio successivo alla data di pubblicazione della citata sentenza.
L’art. 7 prevede poi incentivi e premialità per le imprese che in Puglia assumono donne con contratti stabili e retribuzione adeguata. Inoltre, per favorire un concreto reinserimento nel mercato del lavoro delle donne disoccupate, inoccupate, o in condizioni di fragilità e vulnerabilità, vengono introdotti (art. 8) percorsi di formazione alle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) e all’educazione finanziaria e digitale. Sono previsti (art. 9) interventi per il reinserimento sociale e lavorativo delle donne vittime di violenza e contributi per imprese ed enti del Terzo settore impegnati a favorire il percorso. Nei Centri per l’impiego viene istituito lo “Sportello donna” per favorire il lavoro autonomo e dipendente delle donne (art. 10).
Una specifica disposizione viene dedicata al personale femminile delle P.A. L’art. 11 valorizza il ruolo e l’operato dei Comitati Unici di Garanzia (CUG) istituiti nei Comuni della Puglia, promuovendone il coordinamento con quello regionale. Ciò al fine di favorire la diffusione su tutto il territorio regionale di buone pratiche per l’affermazione delle pari opportunità, il contrasto a ogni forma di discriminazione, la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro.
Il capo III) della Legge è dedicato agli strumenti per la valorizzazione delle competenze delle donne.
La Regione promuoverà interventi per favorire l’accesso al credito a tassi agevolati a favore di donne imprenditrici e lavoratrici autonome, declinerà percorsi di accompagnamento alla creazione e gestione di imprese femminili e favorirà la creazione di linee di finanziamento dedicate alla creazione di start-up femminili.
Si sostiene il meccanismo delle quote c.d. di genere nei ruoli apicali delle strutture amministrative regionali nonché in tutti gli organi di amministrazione e di controllo degli enti strumentali delle società controllate o partecipate dalla Regione Puglia. A tal fine, si prevede che nelle nomine e designazioni di competenza regionale ciascun genere sia rappresentato in misura non inferiore al 40 per cento, fatte salve eventuali disposizioni più favorevoli già vigenti a livello statale.
L’ultimo capo del provvedimento (capo IV, art. 14) individua strumenti a sostegno dalla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Si prevede in particolare l’accesso a sistemi premianti per quelle imprese che favoriranno il lavoro agile come modalità ordinaria di organizzazione del personale ed utilizzeranno la banca del tempo, la banca delle ore o il telelavoro.
La Giunta regionale trasmetterà periodicamente al Consiglio una relazione sullo stato di attuazione della legge.
La legge varata dalle Regione Puglia costituisce un importante passo avanti per la realizzazione della parità retributiva di genere e più in generale per la lotta al contrasto delle discriminazioni di genere sui luoghi di lavoro. Si tratta di un provvedimento indubbiamente necessario in un contesto, come quello del Sud e della Puglia, in cui il gap salariale di genere è molto pesante e riguarda quasi tutti i settori e in cui l’occupazione femminile non supera il 40% degli occupati.