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Il Manifesto del Lavoro Cooperativo – Idee per il Buon Lavoro

Attualità - Giulia Colombo - 22 Novembre 2023

 

Lo scorso 6 novembre 2023, presso la Plenaria Marco Biagi del CNEL, è stato presentato “Il Manifesto del Lavoro Cooperativo – Idee per il Buon Lavoro” di Legacoop. Tale occasione ha permesso di riflettere ampiamente sul lavoro in cooperativa e, in particolare, sulla capacità del settore cooperativo di garantire un lavoro dignitoso e di qualità in un momento storico ricco di cambiamenti, attraversato dalle transizioni ecologiche e digitali.

Ha aperto i lavori il presidente del CNEL, Renato Brunetta, che ha esodito ricordando l’illuminante contributo non solo teorico, ma anche progettuale del prof. Marco Biagi rispetto a una più moderna e realistica ricostruzione della natura giuridica del rapporto, che lega il socio lavoratore alla cooperativa. Infatti, è sufficiente rileggere le dense pagine del volumeCooperative e rapporti di lavoro del 1983 per cogliere la persistente attualità dell’opera con riferimento al tema della cooperazione e al decisivo impulso fornito alla legge n. 142/2001, che regola la posizione del socio lavoratore di cooperativa. Era lo stesso Marco Biagi a intravedere nella citata legge una riforma modello e il primo decisivo passo verso la modernizzazione dell’intero diritto del lavoro italiano: non solo un pezzo di storia, ma un catalizzatore di cambiamento.

Il Presidente ha messo in luce come il prof. Marco Biagi offra, ancora oggi, soluzioni per chi voglia ricostruire un vero e proprio “Statuto delle cooperative”, superando le ambiguità e le incertezze interpretative sollevate dalla complessa realtà del fenomeno cooperativo. Infatti, l’impatto della crisi economico-finanziaria dell’ultimo decennio non solo ci consegna una rinnovata attenzione alle dinamiche del lavoro in cooperativa, ma ci invita anche a compiere l’ultimo tratto di miglio che ancora manca per l’atteso “Statuto dei lavori” indicato dalla Commissione Zamagni del 1998, di cui Marco Biagi era l’anima e la mente progettuale.

In un mercato del lavoro in trasformazione, sorge la necessità di riscoprire i valori cooperativi e «di rifuggire da un’idea del lavoro in cooperativa come semplice “ripiego” alle criticità, che attraversano il modo “ordinario” di lavorare». Detto in altri termini, la cooperativa non può essere considerata un mero ammortizzatore sociale, ma una forma alternativa di organizzazione fondata sulla partecipazione, che può rappresentare un modello per il futuro (oltre che per il presente).

Il nodo, che interessa ancora la cooperazione, è la qualificazione giuridica del socio lavoratore di cooperativa. A tale proposito, nasce l’idea, seppur avanzata nel lontano 1998, di riscrivere lo “Statuto dei lavori”, affrontando il problema del lavoro dal lato delle tutele e non più (solo) delle astratte qualificazioni giuridiche e di rimettere al centro del modello regolatorio non la legge, ma la contrattazione collettiva e i corpi intermedi.

L’intervento del Presidente Brunetta ha, così, evidenziato l’importante ruolo della cooperazione in una fase di cambiamento come quella che stiamo attraversando, ricordando il prezioso e innovativo contributo offerto dal prof. Marco Biagi. Il lavoro in cooperativa si distingue, dunque, dal modello tradizionale, in quanto pone come fondamento la persona e precisi valori (cooperativi).

A seguire, la Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone ha collocato il Manifesto del Lavoro Cooperativo nel tema molto più ampio del lavoro dignitoso e del lavoro di qualità, che mette al centro la persona umana e che fa della qualità la differenza. Perdipiù, distingue le cooperative “genuine”, come quelle riconosciute nel Manifesto del Lavoro Cooperativo, da quelle c.d. spurie (o fasulle), che vengono definite come «realtà che uccidono il lavoro e le prospettive di lavoro dignitoso e di qualità».

La Ministra si è soffermata sul valore della cooperazione, che si lega all’etica del lavoro e presenta strette connessioni con il settore della cooperazione sociale; approfondendo poi  la centralità del lavoro come fattore economico volto ad una attenta ed equilibrata gestione dei fattori di produzione, con interesse alla persona, giungendo infine alla  la qualità del lavoro, che viene letta in particolare con riferimento all’esigenza di conciliare esigenze di vita e di carriera, soprattutto per quanto riguarda la figura femminile. Secondo la Ministra, vedere il mondo della cooperazione come strumento per valorizzare la qualità del lavoro e la conciliazione tra vita e carriera significa rendere il settore maggiormente attrattivo, anche per i giovani. È necessario, dunque, definire nuovi modelli contrattuali e adeguare quelli non più realisticamente applicabili.

Dopo gli interventi istituzionali, si è aperta la tavola rotonda che ha visto coinvolti il responsabile dell’Ufficio politiche del lavoro, Relazioni industriali e Previdenza Legacoop Antonio Zampiga, la presidente di Legacoop Bologna Rita Ghedini, la Segreteria confederale UIL Ivana Veronese, il presidente di ADAPT Francesco Seghezzi, il direttore Area Lavoro e Welfare di Confindustria e consigliere del CNEL Pierangelo Albini e, per concludere, il presidente di Legacoop Nazionale e consigliere del CNEL Simone Gamberini.

Zampiga ha presentato i dati (fonte INPS), che vedono Legacoop contare più di 10 mila cooperative, più di 460 mila occupati dei quali il 60% sono donne. Per quanto riguarda, invece, la questione salariale si è visto come le cooperative associate a Legacoop offrano una retribuzione media percepita di circa 7 euro al giorno in più rispetto a quella non associate. Non si negano, però, possibili criticità: l’aumento salariale dal 2015 al 2020 è stato di 1 euro al giorno in 6 anni.

Si tratta di un incremento molto basso, che secondo Zampiga, è il frutto di una stagnazione della produttività all’interno del paese legata all’inflazione. Zampiga è tornato sul fenomeno della “falsa” cooperazione, sostenendo che esiste cooperazione e cooperazione (ma anche imprese e imprese) facendo riferimento al fatto che non tutte le cooperative (e imprese) possono considerarsi genuine, perché il mondo cooperativo (come il mondo dell’impresa) è molto vasto e possono nascondersi realtà con scopi illeciti.

Ghedini ha ricordato però che la cooperazione iscritta alle tre centrali cooperative maggiormente rappresentative è minoritaria. Per questo, siccome la “distintività cooperativa” fatta di cooperazione vera mutualistica, che promuove e tutela il lavoro è quantificabile, è indispensabile arrivare alla misurazione di questa distintività. Si sollecitano leggi a tutela della rappresentanza, nel pieno riconoscimento della cooperazione anche nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Veronese ha posto l’attenzione, in primis, sul concetto di legalità, che traduce in termini di applicazione di contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative. Successivamente, ha invitato il mondo della cooperazione a guardare l’occupazione femminile in modo diverso, perché è vero che ci sono tante donne occupate nel settore cooperativo, ma si deve trovare un modo per superare i tanti part-time involontari. Ritiene, infatti, che il mondo del lavoro futuro è quello femminile; pertanto, bisogna garantire alle donne migliori possibilità di fare carriera.

Seghezzi ha rilevato come le trasformazioni socioeconomiche degli ultimi anni abbiano cambiato la concezione del lavoro, che oggi va oltre la mera dimensione economica. In questo contesto di cambiamento, il modello cooperativo riveste notevole attualità nel modo di lavorare, ricoprendo nel futuro grande centralità. Infatti, come emerge dal Manifesto del Lavoro Cooperativo, il lavoro è punto cardine della cooperativa soprattutto in termini “valoriali”.

L’ultimo intervento della tavola rotonda è stato di Albini, che ha evidenziato quattro profili: i) le cooperative sono un elemento caratterizzante del mercato del lavoro e ci stanno a pieno titolo, ma si tratta di un settore ii) pieno di contraddizioni, dove non esiste un rapporto fluido con le Pubbliche Amministrazioni, specie nella gestione degli appalti; iii) il sistema del controllo è debole e non si può avere un mercato che non riesca a garantire il rispetto delle regole; iv) la responsabilità e il ruolo delle parti sociali è fondamentale.

Ha chiuso i lavori Gamberini: rifacendosi a quanto espresso nel Manifesto del Lavoro Cooperativo, ha sostenuto che la qualità sia preminente nelle cooperative associate alle Alleanze più rappresentative, in quanto c’è più occupazione femminile, meno contratti a tempo determinato, meno part-time e retribuzioni più alte. Inoltre, ha evidenziato come si tratti di cooperative che garantiscono migliore resilienza nei periodi di crisi, tutelando il lavoro anche a scapito del patrimonio. Secondo Gamberini, il Manifesto del Lavoro Cooperativo nasce dalla volontà di porre un tema politico più generale, cioè la questione salariale nel nostro Paese, accentuata dall’inflazione che ha ridotto il potere d’acquisito. Questione salariale, che affonda le radici in crisi profonde: la crisi della dimensione occupazionale, che comporta, da un lato, il rischio di sostituzione del lavoro con tecnologie e, dall’altro, la carenza di lavoratori e lavoratrici; la crisi nella dimensione esistenziale del lavoro, evidente nel fenomeno delle c.d. “grandi dimissioni”, e, infine, la crisi della dimensione sociale e politica del lavoro. Sono crisi profonde quelle evocate che richiedono tempo e strategie per essere affrontate. Pertanto, la questione salariale esige notevole impegno, la cui realizzazione richiede la disponibilità delle Istituzioni ad attivare interventi e misure capaci di definire un contesto più favorevole al lavoro. È necessario, dunque, costruire un nuovo patto pubblico privato, che metta al centro la dignità del lavoro e delle persone. Si tratta di una premessa imprescindibile per contrastare le basse retribuzioni e il lavoro povero, che cresce in particolare nei settori interessati dalle esternalizzazioni del pubblico e nelle filiere private, con una distribuzione iniqua del valore aggiunto. In particolare, deve cambiare la prassi seguita finora dalla committenza pubblica: va assicurata la concreta applicazione di meccanismi di gara, che escludano dal ribasso il costo del lavoro, l’introduzione di gare a prezzo fisso e la revisione automatica dei contratti di appalto, per il riconoscimento degli aumenti introdotti dai rinnovi contrattuali.

Il Convegno ha esaminato il mondo cooperativo attraverso una potente una lente di ingrandimento, che ha fatto emergere notevoli punti di forza, in termini di qualità del lavoro e dignità della persona che lavora in cooperativa, ma anche alcune debolezze, come sul fronte del salario, specialmente in alcuni settori. Le cooperative sono, però, capaci di mettere insieme valori, lavoro, finalità e partecipazione.

Queste rappresentano le parole chiave per guidare non solo il presente, ma anche il futuro. Infatti, in un contesto in continuo mutamento, il modello capitalistico è destinato a frantumarsi se non è in grado di innovarsi e di adattarsi ai cambiamenti, che richiedono sempre più maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale. Le cooperative in questo sono già un passo avanti, ma c’è ancora molta strada da fare per sconfiggere i pregiudizi e creare realtà maggiormente attrattive.

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