Il datore è (anche) libero di escludere il sindacato dalle trattative
Il datore di lavoro non solo può scegliere l’organizzazione sindacale con la quale avviare una trattativa ma può anche decidere quale escludere, a stabilirlo è il Tribunale di Padova con l’ordinanza del 30 dicembre 2021.
La vicenda ha preso avvio con il ricorso ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori ove un’organizzazione sindacale ha domandato al Giudice del lavoro di accertare la natura antisindacale dell’esclusione dal tavolo delle trattative nonostante la disponibilità negoziale più volte manifestata alla società.
La società si è difesa in giudizio evidenziando come diversa sigla sindacale avesse espresso la propria indisponibilità a condurre una trattativa congiunta con l’organizzazione ricorrente perché i rappresentanti interni all’azienda avrebbero assunto nei confronti dei loro omologhi un comportamento ostile e ingiurioso. In ragione dei dissidi interni e nell’ambito della libertà negoziale, tenuto anche conto del dato oggettivo di rappresentatività diversa delle due organizzazioni, la datrice di lavoro ha deciso di non procedere a trattative separate perché inappropriate e non utili stante le dimensioni e la realtà aziendale.
Dalla documentazione prodotta, infatti, è emerso come l’organizzazione sindacale esclusa contasse appena 4 iscritti tra i lavoratori, mentre quella che ha partecipato alla negoziazione 95, oltre ad essere firmataria del precedente accordo.
Il Giudice patavino, rilevando la netta e ferma opposizione della sigla maggiormente rappresentativa a livello aziendale ad acconsentire alle trattative congiunte per il rinnovo contrattuale, ha stabilito che la condotta tenuta dal datore di lavoro, essendogli preclusa la possibilità di intervenire nelle dinamiche intersindacali, non avesse i connotati di antisindacalità.
Il Tribunale ribadisce un importante principio per le relazioni industriali: il datore di lavoro può legittimamente scegliere con chi trattare, potendo in tal modo anche eventualmente escludere dalla trattativa alcuni sindacati precisando, inoltre, come non gravi sul datore di nessun obbligo di trattative separate.
L’ordinanza compie anche alcune interessati considerazioni in ambito processuale. Nello specifico, secondo il giudice, l’avvenuta sottoscrizione dell’accordo tra il datore e l’O.S. avrebbe fatto venire meno l’interesse dell’organizzazione sindacale in quanto requisito essenziale del procedimento ex art. 28 sarebbe l’attualità della condotta.
La pronuncia permette di riflettere sullo stato di salute delle relazioni industriali nel nostro Paese. Nel caso di specie, a differenza di altre situazioni (ce ne siamo occupati qui), il problema non è costituito dalla compressione dell’attività sindacale da parte della controparte datoriale, ma sono le stesse OO.SS. ad annullarsi a vicenda, senza considerare che un fronte collettivo coeso sia più efficace nella tutela degli interessi dei lavoratori.
In conclusione, nonostante i dissidi interni, l’accordo è stato raggiunto, ma il buon esito, nel caso di specie, è da attribuirsi in gran parte al datore di lavoro che non ha sfruttato la frattura. Tuttavia, in un diverso contesto, la controparte datoriale avrebbe potuto non avviare le trattative di rinnovo con nocumento per i singoli lavoratori, ostaggio dei dissidi tra i loro rappresentanti.