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Giornata nazionale delle Forze Armate: una lettura di genere (e diversity)

Attualità - Anna Zilli - 4 Novembre 2020

 

In occasione del ventesimo anniversario dell’ingresso delle donne nelle Forze Armate, delle quali oggi 4 novembre si celebra la Giornata nazionale, pare opportuna una riflessione.

Da vent’anni le Forze armate si sono aperte alla partecipazione femminile, dopo un lungo dibattito e un iter legislativo travagliato, culminato nella l. delega n. 380 del 20 ottobre 1999 e nel successivo D.Lgs. n. 24 del 2000, attraverso cui le donne hanno effettivamente avuto l’accesso alla carriera militare.

Nel medesimo anno, viene pubblicato il primo rapporto ‘Women in the Nato Armed Forces’, che costituisce un utile termine di riferimento circa la presenza e i ruoli femminili nell’ambito dell’Alleanza atlantica.

Contemporaneamente, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato la Risoluzione 1325 su ‘Donne, Pace e Sicurezza’, in cui le priorità chiaramente individuate sono: il riconoscimento dell’esperienza delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, l’aumento della partecipazione femminile nel peace-enforcing, l’adozione di una prospettiva di genere e la formazione del personale in merito ai diritti delle donne.

Nell’ambito della Nato il Comittee on Gender Perspectives opera per integrare nell’ottica di genere tutti gli aspetti delle operazioni alleate, attraverso l’Office of the Gender Advisor, che riporta direttamente al Direttore Generale dello Staff Militare Internazionale (IMS) e provvede alla verifica dello stato di attuazione della Risoluzione Onu n. 1325 nei Paesi membri.

L’integrazione delle donne nelle Forze Armate italiane non è stata né semplice né immediata.

Benché la rappresentazione sia stata sin dal 2000 apparentemente paritaria, solo nel 2006 sono state abolite le “aliquote massime percentuali” (art. 26 della legge n. 29/2006) poste per regolamentare l’ingresso del personale femminile nelle Forze Armate, nell’Arma dei Carabinieri e nel Corpo della Guardia di Finanza. Non più quote massime, dunque, ma un’apertura completa.

Il tema, sempre spinoso, della tutela della genitorialità è stato affrontato con i D.P.R. n. 171/2007 e D.P.R. n. 52/2009, sia attraverso previsioni sulle missioni di lunga durata, sia con l’istituzione, all’interno di strutture delle Forze Armate, di “asili nido” in vari distaccamenti (presso il 5° reggimento AVES in Casarsa della Delizia (PN), il Comando Brigata di Supporto al NRDC – ITA (HQ) in Solbiate, Olona (VA), il Comando Regione Militare Nord di Torino, il 52° Reggimento Artiglieria Terrestre in Vercelli e la Città Militare della Cecchignola).

In tale contesto, il monitoraggio delle azioni, previsto nel Piano sulla Performance 2019-2021, viene supportato dalla relazione annuale sull’integrazione femminile, che passa attraverso due soggetti. Da un lato, opera il Comitato Unico di Garanzia, istituito presso il Ministero della Difesa con decreto del Segretario Generale della Difesa /DNA del 29 luglio 2011, in attuazione dell’art. 21 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. “Collegato Lavoro”). In base a quest’ultimo atto normativo “Le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, che sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni”. Si tratta di una istituzione essenziale per analizzare i progressi fatti e le criticità ancora presenti, in una realtà che cambia rapidamente.

Mentre il CUG rivolge la sua attenzione esclusivamente al personale civile della Difesa, sia esso dirigente o delle aree funzionali, il personale militare che ha come referente  il Consiglio interforze sulla prospettiva di genere, istituito ex art.  2, D.lgs. n. 7/2014. L’organismo, composto in maniera paritetica da uomini e donne, ha tra i propri compiti anche quello di collaborare alla stesura e al monitoraggio di direttive sui temi della prospettiva di genere, dell’integrazione del personale, delle pari opportunità, del divieto di discriminazioni e del benessere del personale.

Il percorso che si dovrebbe compiere in ottemperanza alla Risoluzione Nato n. 1325 citata è invece ancora in divenire.

L’esortazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite esortava gli Stati Membri a intensificare la partecipazione delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti. Le successive Risoluzioni (nn. 1820/2008, 1888/2009, 1889/2009, 1960/2010) hanno rafforzato siffatta impostazione, che voleva far divenire <<routine>> il <<gender mainstreaming and integration of gender perspective>> (Direttiva NATO Bi-SC 40-1 ver.1/2012).

In quest’ottica, dal 2014 vengono formati e inseriti nelle Forze Armate le e i  Gender Advisor (GENAD),  professioniste e professionisti il cui compito è supportare i Comandanti militari nel compito di rendere le Forze Armate sempre più aderenti ai principi delle pari opportunità e dell’uguaglianza di genere nelle missioni all’estero. Si tratta di un’opzione strategica che protegge e rafforza la componente femminile nelle società martoriate dalle guerre. Le e i Gender Advisor si confrontano direttamente con il Comandante per pianificare le linee strategiche delle missioni. A fare tesoro dei loro consigli sono altresì gli ufficiali dei Cimic – Civil-Military Cooperation, attraverso cui passano i progetti di ricostruzione delle infrastrutture civili, le strutture per le Psyops – Psychological operations, ossia le azioni di supporto psicologico, i responsabili della logistica. Dalla riconosciuta utilità dei GENAD sul campo deriva l’interesse per il passaggio interno, e cioè l’implementazione delle attività di Gender Advisor nella quotidianità delle Forze Armate e non solo nella mediazione sui campi di azione.

Il confronto tra il primo e il secondo Progress Report nazionale del Terzo Piano d’Azione Nazionale su Donne, Pace e Sicurezza, 2016 – 2020, in attuazione della risoluzione 1325/2020, mostra una situazione in rapida evoluzione. L’attenzione al rispetto e alla valorizzazione delle diversità si dimostra, in tutti i settori, un’arma vincente, invero ancora in attesa di una vera e propria formalizzazione, oltre gli studi e le ricerche accademiche nella p.a.

Che, dunque, dal Gender si passi al Diversity advisor nelle Forze Armate, è solo questione di tempo.

 

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