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Fragili ma non abbastanza: una svista che potrebbe costare molto cara

Attualità - Anna Zilli - 10 Novembre 2020

 

Nel corso di questa terribile pandemia, abbiamo imparato a conoscere i  lavoratori e le lavoratrici fragili, la cui situazione di rischio è collegata a patologie oncologiche, relative terapie salvavita e/o immunodepressione.

Come alternativa al lavoro agile emergenziale, per coloro che fossero già stati riconosciuti disabili in condizione di gravità, ovvero in possesso di  certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, l’art. 26, c. 2, D.l. n. 18/2020 aveva dapprima stabilito che, sino al 30 aprile 2020, l’assenza dal servizio fosse equiparata al ricovero ospedaliero. Il decreto Rilancio (d.l. 34/2020) aveva poi prorogato la protezione fino al 31 luglio 2020.

Il successivo decreto Agosto (D.l. n. 104/2020)  ha esteso la tutela fino al 15 ottobre 2020, prevedendo però che «a decorrere dal 16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020, i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto».

Dal 16 ottobre 2020 l’alternativa al lavoro in sede è soltanto il lavoro agile, nei casi in cui esso sia possibile. Che cosa accade agli altri, tramontata l’equiparazione tra assenza e ricovero ospedaliero?  Le alternative sembrano essere purtroppo solo la cassa integrazione (ove e se ammissibile) ovvero l’aspettativa non retribuita: in entrambe le ipotesi, con grave o totale perdita dello stipendio e a discrezione del datore di lavoro.

Ma  l’Inps con il messaggio 4157/2020 di ieri ha ritenuto che  la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili, non configuri un’incapacità al lavoro tale da comportare il riconoscimento della malattia comune.

La svista del legislatore, come spesso accade avallata dall’Istituto di previdenza, lascia dunque scoperti prorpi i più deboli, per i quali invece è urgente correre ai ripari.

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