BLOG

Donne, rappresentanza sindacale e lavoro su piattaforma

Attualità - Gianluigi Pezzini - 17 Marzo 2022

I dati sull’impiego femminile tratteggiano una situazione preoccupante alla quale deve porsi rimedio anche tramite interventi di natura collettiva.

Nell’audizione  del 5 febbraio 2022, la sottosegretaria per l’Economia e le Finanze Maria Cecilia Guerra alla Camera dei Deputati  sulla sperimentazione dell’adozione di un Bilancio di genere riferita all’esercizio finanziario 2020, si è rimarcato come l’occupazione femminile sia persistentemente e sempre più debole (49%, dato più basso dal 2013), secondo un trend negativo pare confermato anche dai dati ISTAT.

Dopo anni di strategia focalizzata sul solo intervento normativo, con ampissime riflessioni, pare opportuno approfondire il ruolo che l’autonomia collettiva potrebbe avere per l’emancipazione delle donne nel e attraverso il lavoro. Per garantire una compiuta rappresentazione all’esterno degli interessi delle donne, è lecito domandarsi come le stesse siano rappresentante all’interno delle organizzazioni sindacali.

Nonostante i sindacati siano, a dir poco, restii a rendere noti i dati relativi ai loro iscritti, è possibile svolgere alcune considerazioni circa la rappresentanza femminile a partire dagli statuti dei sindacati.

Per esempio, nello Statuto della CGIL l’art. 6 prevede che negli organi esecutivi nessun genere possa essere rappresentato al di sotto del 40% o al di sopra del 60%.

Una norma simile, invece, non si rinviene, all’interno dello statuto della CISL, il quale, però, con il regolamento di attuazione, prevede nell’elezione al Congresso nazionale che le liste elettorali vi sia almeno il 30% di donne. E ancora, nelle strutture di categoria, che nella base associativa contino una percentuale di iscritte una percentuale pari o superiore al 20%, la composizione della segreteria dovrà prevedere la presenza femminile, assicurando la presenza dei due generi.

Una previsione annacquata si rinviene, invece, nella previsione statutaria della UIL dove, all’art. 2, si dispone solo un generico supporto alla presenza delle donne nella vita del sindacato.

La situazione, dunque, per le donne all’interno del sindacato non pare positiva, in quanto la loro presenza all’interno degli organi delle OO.SS. non è adeguatamente garantita: al contrario, essa è affidata, salvo eccezioni, a mere norme programmatiche.

Quello che emerge, da una parte, dalle rilevazioni di carattere statistico e, dall’altra, dall’esame degli statui dei principali sindacati, è la circostanza che il sindacato, per quanto riguarda le donne, non ha ancora trovato il modo migliore per rappresentarle all’interno sia del mercato del lavoro sia del sindacato stesso.

Un possibile luogo di sperimentazione di nuovi percorsi può rinvenirsi nel c.d. lavoro su piattaforma,  che obbliga a una rilettura dei rapporti non solo tra datore e lavoratore/trice, ma anche tra sindacato e iscritti/e nonché all’interno del sindacato medesimo.

Si tratta di “negoziare l’algoritmo” il quale organizza e assegna le prestazioni tra le persone che sono collegate sull’applicazione, scegliendo sulla base dei dati raccolti, purtroppo dominati da  bias cognitivi o pregiudizi (consci o inconsci) dei programmatori che si traducono in discriminazioni per le lavoratrici della piattaforma, amplificate dai processi di machine learning per i quali il sistema apprende dai dati che è in grado di raccogliere (es. affidabilità, votazioni degli utenti e velocità).  La finta neutralità e il rischio di discriminazioni è tutt’altro che remoto, in quanto un calo reputazione deciso dall’algoritmo comporta la diminuzione di compiti da parte della piattaforma, sino anche ad arrivare, nei casi più gravi, alla cancellazione dell’account.  Tale modus operandi dell’algoritmo è di recente è stato accertato come discriminatorio come stabilito dal Tribunale di Bologna.

Una simile situazione, inoltre, ha portato a concrete azioni come la creazione di un piattaforma per il foodelivery di sole donne con il preciso scopo di ridurre la differenza di genere all’interno del settore.

Perchè tale trattativa  tenga conto della condizione delle donne, espressa direttamente da queste, potrà portare risultati positivi e migliorativi. Questo risultato potrà essere raggiunto se il sindacato coglie appieno la sfida della rappresentanza per intercettare le persone impiegate in tali nuovi lavori superando la scarsa rappresentazione di genere all’interno delle strutture collettive.

E’ certamente necessario mettere mano alla struttura delle organizzazioni sindacali, attraverso una rivisitazione degli statuti che tenga conto del nuovo mercato del lavoro e dei nuovi modi di lavorare: l’occasione è propizia per l’inclusione delle donne negli organi di vertice dei sindacati, dove segretario e segretaria non sono certamente declinazioni dello stesso nomen.

 

*Comunicazione inviata per il Seminario “Quanto siamo EQUAL?”, svoltosi presso il Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Udine, l’8 marzo 2022, in occasione del secondo anniversario della messa on line del portale.

 

Potrebbe interessarti anche