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Diseguaglianze ed esposizione al rischio e al danno ambientale

Giornate Internazionali - Loretta Moramarco - 17 Febbraio 2023

Il 25 gennaio si è tenuta al CNEL una giornata dedicata a La transizione ecologica: un’opportunità di sviluppo per l’Italia, organizzata dal Centro Ricerche Enrico Fermi (CREF), dall’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e dal Forum Disuguaglianze e Diversità.

Di particolare interesse, per la riflessione sulle discriminazioni ambientali, è la relazione, della prof.ssa Maria Enrica Virgillito, che ha presentato i risultati della ricerca condotta con Charlotte Sophia Bez su toxic pollution and employment dynamics: uncovering Europe’s left-behind places.

Pur essendo l’innovazione spesso configurata come un processo positivo, di sviluppo, non vada sottovalutato l’effetto negativo delle attività produttive. L’analisi non guarda al noto parametro della produzione di C02 bensì al meno studiato livello di sostanze tossiche prodotte dalle industrie e diffuse nell’acqua, nell’aria e nel suolo.

Esistono forme di coesistenza tra stratificazione delle diseguaglianze ed esposizione al rischio e al danno ambientale.

Questa interrelazione si mostra chiaramente ove si esaminino i c.d. left behind places, posti lasciati indietro o zone di sacrificio.

Si tratta di luoghi fisici che si configurano attraverso due meccanismi.

Il primo è la c.d. nozione di spazialità del potere: ex ante, la scelta di posizionare l’impianto inquinante in un determinato territorio avviene sulla base di scelte di profittabilità e di vantaggio (ad es. collocandolo in una zona con già un alto livello di deprivazione).

Vi è poi la stratificazione delle diseguaglianze: sono territori in cui lo svantaggio dalla globalizzazione e lo svantaggio dalla de-industrializzazione coesistono.

Lo studio parte dalla elaborazione dell’indice di intensità della tossicità e di concentrazione della tossicità e poi ne valuta gli effetti rispetto al mercato del lavoro. Le ricercatrici rilevano che i luoghi lasciati indietro sono anche i luoghi con perdite di occupazione, bassi salari e flussi demografici in uscita.

È interessante il rilievo sui diversi effetti della presenza di impianti con alto livello di produzione di sostanze tossiche sul sito specifico e sulla regione di appartenenza: inizialmente l’impatto sull’occupazione è positivo nel sito ove è collocato l’impianto, ma negativo a livello regionale. Gli impianti che attuano interventi di efficientamento ambientale delle tecnologie riducono la forza lavoro nel sito, ma la stessa transita in altri settori a livello regionale. Esiste, dunque, una dipendenza economica dall’industrializzazione nociva nei left behind place.

Del resto profili discriminatori emergono anche dalla giurisprudenza: il riferimento è alla recente pronuncia sul Caso ILVA (uno dei left behind place italiani) della Corte Europea dei Diritti umani, emessa il 5 maggio 2022 (ricorso N. 4642/17) nonché della sentenza Cordella c. Italia, cui ampiamente la Corte rinvia nella stringata motivazione.

L’analisi non può, tuttavia, dirsi esaustiva. Come evidenziato in altro studio, tra le possibili future linee di ricerca, vi è l’esame della intersezione tra le dimensioni di classe e di genere con la giustizia ambientale.

Un esempio, guardando al caso italiano, è rappresentato dai dati sull’occupazione: i dati ISTAT, recentemente pubblicati, mostrano come, nel corso del 2022, hanno trovato lavoro 334mila persone. Su base annua, uomini e donne mostrano una crescita dell’occupazione (+1,6 punti per gli uomini e +0,5 per le donne). La crescita dei posti di lavoro, dunque, non è paritaria, ma presenta un significativo squilibrio a vantaggio degli uomini. Se si considerano, poi, i bassi livelli dell’occupazione femminile nel settore delle energie rinnovabili, l’esigenza di analisi e politiche autenticamente intersezionali si mostra in tutta la sua urgenza.

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