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Discriminazioni per gravidanza nella somministrazione di lavoro

Giurisprudenza - Anna Piovesana - 11 Ottobre 2021

 

Una lavoratrice somministrata da un’Agenzia di lavoro presso l’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) conveniva in giudizio il predetto Ente, lamentando di aver subito una discriminazione in ragione del suo stato di gravidanza. Sosteneva la ricorrente, di essere stata l’unica, di 44 lavoratori somministrati, alla quale non era stata prorogata/rinnovata la missione alla scadenza del contratto e ciò in ragione del fatto che, in quel periodo, si trovava in stato di gravidanza.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 22 aprile 2021, accoglie il ricorso della lavoratrice, precisando che, nel caso in esame, non si discuteva circa la sussistenza o meno di un diritto soggettivo al rinnovo/proroga di una missione a termine (diritto che non esiste). La questione riguardava la sussistenza di una discriminazione legata al fatto che il rinnovo contrattuale era stato proposto (dall’AIFA per il tramite dell’Agenzia di lavoro) a tutti i lavoratori somministrati, fatta eccezione della ricorrente in quanto si trovava in stato di gravidanza (sulla discriminatorietà del mancato rinnovo di un contratto a termine, determinato alla gravidanza della lavoratrice, si vedano anche le sentenze della Corte di Giustizia del 4 ottobre 2001, Jiménez Melgar, C-438/99 e Tele Danmark A/S, C-109/00).

La decisione è interessante perché il Giudice, pur avendo accertato la mancanza da parte dell’Ente pubblico di una volontà discriminatoria nei confronti della lavoratrice, ha comunque ritenuto sussistente un trattamento discriminatorio, sulla scorta del fatto che la condotta dell’AIFA era oggettivamente idonea a ledere la parità di trattamento della lavoratrice. Tale lesione, secondo il Tribunale, può verificarsi anche senza la consapevolezza dell’autore o senza un intento lesivo, essendo sufficiente che il comportamento abbia l’effetto di ledere il diritto.

Il Tribunale, all’esito dello speciale procedimento antidiscriminatorio ex art. 28 d.lgs. 150/2011, ha condannato l’Ente a risarcire il danno alla lavoratrice parametrato alle retribuzioni perse dalla data di cessazione dell’astensione obbligatoria sino a quella in cui i rapporti con gli altri colleghi erano stati prorogati (12 mesi complessivi).

Per approfondire

Trib. Roma 22 aprile 2021

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