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Discriminazioni di genere e cambiamenti climatici

Attualità - Loretta Moramarco - 15 Novembre 2021

Il collegamento tra genere (e discriminazioni di genere) e lotta ai cambiamenti climatici è divenuto una costante nei documenti internazionali più recenti, grazie al lavoro di ricerca di numerosə studiosə e alla pressione costante delle organizzazioni di settore e degli organismi internazionali.

La COP 26 (26esima conferenza annuale delle parti della Convenzione quadro sul cambiamento climatico) ha dedicato una sessione a Gender and climate change. Già la COP20, riunitasi a Lima, in Perù, nel 2014, aveva costituito il programma di lavoro sul genere. La decisione 3/CP.25, § 11 incoraggia le parti a nominare e fornire supporto per un gender focal point per i negoziati sul clima, l’attuazione e il monitoraggio.

La proposta di conclusioni del 9 novembre, tra le premesse, riconosce che la piena, significativa ed equa partecipazione e leadership delle donne in tutti gli aspetti del processo del UNFCCC, nelle policy e nelle azioni nazionali e locali è vitale per raggiungere gli obiettivi di lungo periodo. Essa, poi, al punto 4 invita l’ILO a preparare un documento tecnico che esamini i collegamenti tra un’azione per il clima che assuma un’ottica di genere e la transizione energetica inclusiva per promuovere opportunità per tutti nell’economia a basse emissioni. Al punto 13, inoltre, incoraggia gli Stati membri ad essere più espliciti sul gender-responsiveness of climate finance al fine di rafforzare la capacità delle donne e promuovere il lavoro nell’ambito del piano d’azione di genere per facilitare l’accesso ai finanziamenti per il clima per le organizzazioni di base delle donne, nonché per le popolazioni indigene e le comunità locali.

L’8 ottobre 2021 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc) ha adottato la risoluzione 48/13 con 43 voti favorevoli (tra cui quello dell’Italia) e 4 astensioni (Russia, India, Cina e Giappone). Il documento che riconosce, per la prima volta, the human right to a clean, healthy and sustainable environment, è stato proposto da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera. Le premesse riconoscono come sebbene le conseguenze sui diritti umani dei danni ambientali impattino sugli individui e le comunità di tutto il mondo, esse sono maggiormente avvertite da quelle componenti della popolazione che si trovano già in condizioni di vulnerabilità, quali i popoli indigeni, le persone anziane, le persone con disabilità, le donne e le bambine.

La risoluzione, pertanto, impegna le parti a continuare a condividere le buone pratiche, scambiare conoscenze e idee, costruire sinergie tra la tutela dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, in un’ottica integrata e multisettoriale e considerando che gli sforzi per proteggere l’ambiente devono rispettare pienamente gli altri obblighi in materia di diritti umani, compresi quelli relativi alla parità di genere.

Tra marzo e luglio 2021 il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha organizzato il Generation Equality Forum. Il Forum ha lanciato un piano d’azione quinquennale per raggiungere la parità di genere, con un impegno economico di 40 miliardi di dollari. Tra le aree di intervento prioritarie per raggiungere l’uguaglianza vi sono la violenza di genere, la giustizia economica e climatica.

Il 16 gennaio 2018, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su donne, parità di genere e giustizia climatica ((2017/2086(INI)) per integrare la prospettiva di genere nelle strategie di contrasto ai cambiamenti climatici. La risoluzione riconosce che gli uomini e le donne risentono in maniera diversa degli impatti dei cambiamenti climatici e che, per varie ragioni, le donne sono più vulnerabili e più esposte a rischi e a oneri più elevati, che vanno dalle disparità di accesso alle risorse, all’istruzione, alle opportunità di lavoro, ai diritti fondiari, alle norme sociali e culturali e alle loro diverse esperienze intersettoriali. Gli impatti dei cambiamenti climatici, afferma il Parlamento europeo, acuiscono le disparità di genere in relazione alla discriminazione, alle minacce alla salute, alla perdita di mezzi di sussistenza, allo sfollamento, alla migrazione, alla povertà, alla tratta di esseri umani, alla violenza, allo sfruttamento sessuale, all’insicurezza alimentare e all’accesso alle infrastrutture e ai servizi essenziali. La risoluzione non è, per sua natura, vincolante ma rappresenta un importante modello di azione e intervento.

Anche la risoluzione A/HRC/RES/35/20, adottata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (NU) il 22 giugno 2017, al §15, invitava gli Stati a integrare una prospettiva di genere nel perseguimento di risposte di mitigazione e adattamento all’impatto negativo del cambiamento climatico sul godimento pieno ed effettivo dei diritti umani.

 

 

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