Discriminazione di genere nel concorso di Polizia Penitenziaria
La Corte Costituzione con la sentenza 19 novembre 2024, n. 181 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, commi 7-11, d.lgs. n. 95/2017 recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», dell’allegata Tabella 37 e della Tabella A, allegata al d.lgs. n. 443/1992 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, l. n. 395/1990) nella parte in cui distinguono i posti da mettere a concorso nella qualifica di ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria in base al genere.
E’ stato affermato che «il trattamento differenziato in base al genere nella dotazione organica del ruolo degli ispettori, che si associa alla netta preponderanza della presenza maschile», non trova una ragionevole giustificazione nelle peculiarità del ruolo degli ispettori e non persegue, dunque, un obiettivo legittimo. Tale ruolo, difatti, non ha nel «diretto e continuativo contatto con i detenuti» una sua «connotazione qualificante e indefettibile». La disciplina censurata non solo non persegue un obiettivo legittimo, «legato all’esigenza di preservare la funzionalità e l’efficienza del Corpo di Polizia penitenziaria», ma si pone anche in contrasto «con il canone di proporzionalità, proprio per l’ampiezza del divario che genera».
Le discriminazioni nell’accesso al ruolo degli ispettori, pertanto, «vìolano il diritto delle donne di svolgere, a parità di requisiti di idoneità, un’attività conforme alle loro possibilità e alle loro scelte e di concorrere così al progresso della società» e, nel discostarsi da criteri meritocratici di selezione del personale, producono «effetti distorsivi che si ripercuotono sull’efficienza stessa dell’amministrazione».