Diritti sindacali digitalizzati: è legittimo l’uso dell’email aziendale
La Corte di Cassazione con la sentenza del 7 marzo 2023, n. 7799, ha ribadito la legittimità dell’utilizzo dell’indirizzo e-mail aziendale a scopi sindacali, con il limite, però, di non compromettere la regolare attività aziendale.
Il caso ha riguardato un lavoratore reo di aver effettuato una comunicazione di natura sindacale utilizzando la mail aziendale durante l’orario di lavoro e, per tale ragione, sanzionato con un’ammonizione scritta da parte della società datrice di lavoro. La domanda di accertamento della legittimità della sanzione disciplinare è stata rigettata sia dal Tribunale sia dalla Corte di Appello in quanto l’azienda ”non ha né allegato né in alcun modo dimostrato la sussistenza di uno specifico pregiudizio che l’invio della e-mail a contenuto sindacale abbia determinato all’attività di quest’ultima, nell’episodio contestato al rappresentante sindacale”.
All’esito del giudizio di secondo grado la datrice di lavoro ha ricorso per la cassazione della decisione affidandosi a due motivi.
Con il primo, la società ha lamentato la violazione dell’art. 25 dello Statuto in quanto il giudice di appello, concentrando il giudizio solo sull’art. 26, l.n. 300/1970, non ha considerato che la scelta dello spazio da destinare alle affissioni delle comunicazioni sindacali sarebbe rimessa esclusivamente al datore di lavoro.
Attraverso il secondo motivo, invece, la datrice di lavoro, denunciando la falsa applicazione dell’art. 26 Statuto, ha ritenuto che il giudice di secondo grado non abbia considerato né la circostanza che la rete aziendale sia uno spazio appositamente ed esclusivamente creato dall’azienda per l’esercizio dell’attività lavorativa; né il fatto che la società avesse messo a disposizione delle RSU non solo apposite bacheche ma anche un apposito account di posta elettronica per le comunicazioni di rilievo sindacale. Nello specifico la società ha evidenziato che “una cosa è la distribuzione (certamente non giornaliera) di volantini, sempre confinabile in limitati spazi temporali, altra è la possibilità, insita nel moderno sistema di comunicazioni, di inviare istantaneamente e senza limiti temporali, durante il normale orario di lavoro e a ogni singola postazione di lavoro, mail aventi contenuto sindacale a circa 3000 indirizzi di posta elettronica e per più volte al giorno. (…) Il diverso utilizzo (…) determinerebbe, evidentemente, un enorme pregiudizio per l’azienda la quale, peraltro, non potrebbe più intervenire per eliminare eventuali abusi (quanti messaggi, in quali ore?) in mancanza di regole precise alle quali attenersi“.
La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso poiché, con riferimento al primo motivo, è pacifico, anche nelle comunità aziendali, che all’interno del concetto di spazio deputato alla comunicazioni sindacali sia da ricomprendere anche lo strumento della posta elettronica; mentre, con riferimento al secondo, la Suprema Corte rileva che “il motivo in questione si risolve, infatti, in una censura incentrata sulla mancata valutazione, ad opera del giudice del gravame, non di un pregiudizio – come visto escluso con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità – per il normale svolgimento dell’attività aziendale e legato alla condotta nello specifico sanzionata, bensì di un danno meramente ipotetico – costituente, peraltro, questione attinente al merito, del pari sottratta al sindacato di questa Corte- connesso all’abuso della posta aziendale nell’ambito di un giudizio prognostico fondato su una valutazione probabilistica, integrante, tuttavia, diverso tema di indagine, estraneo a quello affrontato nella sentenza impugnata”.
Nel percorso argomentativo, inoltre, la Corte ha avuto modo di ribadire, tramite il richiamo a propri precedenti, che “l’attività di proselitismo (…) si deve ritenere consentita soltanto se effettuata senza pregiudizio per li normale svolgimento dell’attività aziendale, alla luce delle concrete modalità organizzative dell’impresa e del tipo di lavoro cui sono addetti i destinatari delle comunicazioni”.
In conclusione, la sentenza pare confermare l’esigenza di ammodernare l’esercizio dei diritti sindacali, affinché le organizzazioni rappresentative siano in grado di intercettare, regolare e accompagnare i due epocali cambiamenti che il mondo del lavoro sta affrontando: la globalizzazione e l’evoluzione delle tecnologie digitali. Infatti, il riconoscimento dell’esercizio dei diritti sindacali, prodromici alla formazione della volontà collettiva, in chiave digitale è in grado di determinare una nuova stagione per le relazioni industriali e per la contrattazione collettiva da tempo indebolite dalle nuove tecnologie.