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Detenzione domiciliare speciale alle madri con figli gravemente disabili

Giurisprudenza - Anna Zilli - 13 Marzo 2020

La Corte costituzionale, sentenza, 14 febbraio 2020, n. 18 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 47-quinquies, 1° comma, l. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave, ai sensi dell’art. 3, 3° comma, l. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

La vicenda origina dalla istanza di una detenuta, condannata per gravi reati, volta ad ottenere il beneficio della detenzione domiciliare speciale per assistere la figlia affetta da grave disabilità, benché la stessa avesse età superiore ai dieci anni e si collocasse, quindi, al di fuori della previsione legale.

La Consulta interviene nel bilanciamento non solo tra le funzioni della pena (art. 27 Cost.), e la protezione costituzionalmente garantita della maternità (art. 31 Cost.), ma fa entrare in gioco anche la tutela della persona con disabilità, le cui esigenze di sviluppo e formazione potrebbero essere «gravemente pregiudicate dall’assenza della figura genitoriale», in piena continuità con il percorso intrapreso da Corte cost., sent. 24 novembre 2003, n. 350 e consolidato con le sent. 22 ottobre 2014, n. 239 e 8 marzo 2017, n. 76.

La sentenza in commento rimedia, in primo luogo, alla violazione del principio di uguaglianza formale (art. 3, c. 1, Cost.), per essere disciplinate in modo diverso le situazioni familiari analoghe della madre di un infra decenne dotato di autonomia personale e della genitrice di un figlio con disabilità, che necessiti di costantemente assistenza in misura ancor più intensa rispetto al bambino che non abbia ancora compiuto i dieci anni.

Altresì, realizza il programma sostanziale dell’art. 3, 2° commma, Cost., in quanto la concessione del beneficio di cui trattasi anche alle madri di figli disabili di qualunque età costituisce un preciso dovere della Repubblica, quale manifestazione della rimozione di un ostacolo di ordine sociale che limita di fatto il pieno sviluppo della persona umana, che qui è il figlio bisognoso di cure ben oltre le prime fasi della vita.

La condivisibile interpretazione della Consulta consente, dunque, di realizzare l’intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione a qualunque età (art. 3, comma 3, l. n. 104/1992) che si iscrive perfettamente nel contesto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006 (l. 3 marzo 2009, n. 18).

 

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Testo della decisione

 

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