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Creato l’osservatorio internazionale sulle discriminazioni genetiche

Segnalazioni - Ilaria Colussi - 12 Giugno 2020

Uno dei fattori su cui si può basare una discriminazione è il patrimonio genetico di una persona.

Il DNA identifica in modo univoco il titolare e costituisce una enorme fonte di informazioni sia sull’individuo sia su coloro che appartengono al suo stesso gruppo biologico. Inoltre, i dati genetici presentano capacità predittiva, in quanto, con un certo grado di probabilità, sono in grado di fornire informazioni sullo stato di salute futuro di una persona.

Sulla base di questo set di dati si possono fondare discriminazioni. Si pensi al caso in cui sia utilizzato per escludere un soggetto da determinate posizioni lavorative, in quanto futuro portatore di determinate patologie, o per escludere una persona ambiti della vita sociale o da un contratto, per esempio in ambito assicurativo.

Ammesso che in base alla legislazione nazionale sia lecito obbligare un dipendente a effettuare test genetici per identificare la sua predisposizione a determinate malattie, è certamente da escludere che sulla base delle informazioni ricavate si possa licenziarlo o non assumerlo o modificare le sue mansioni. Un trattamento del genere potrebbe essere considerato una forma di discriminazione.

Anche la circolazione di un’informazione ricavata da un test genetico, può essere il presupposto di un comportamento escludente e quindi discriminatorio. Si pensi al caso Colman Chadman. Gli insegnanti avevano condiviso con i genitori degli alunni i dati genetici di un allievo portatore dei marcatori della fibrosi cistica. Nonostante il fatto che il bambino non fosse ammalato, la paura di esporre gli altri compagni a infezioni ha determinato l’espulsione dell’allievo dalla scuola.

Senza dubbio discriminatoria è la scelta delle compagnie di assicurazione che si rifiutano di assicurare soggetti con predisposizione genetica alla Malattia di Huntington o con rischio di contrarre cancro al seno. Stessa considerazione si può fare con riguardo alla previsione di premi elevatissimi per la tutela di questi soggetti.

Esistono già normative internazionali, europee e nazionali nei diversi Paesi che tutelano dal rischio della discriminazione fondata sul patrimonio genetico. Si consideri la “Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti Umani” del 1997, elaborata dall’UNESCO che riconosce la diversità genetica dell’umanità e la dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana; la Convenzione di Oviedo, «per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina», approvata dal Consiglio d’Europa nel 1997 e ratificata dall’Italia con legge 145 del 28 marzo 2001; e per sul piano della normativa nazionale l’Autorizzazione generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 8/2016.

Tuttavia, non tutti gli Stati hanno adottato misure in tal senso. Per tali ragioni, da fine marzo 2020 è stato inaugurato il Genetic Discrimination Observatory (GDO) che rappresenta un network di ricercatori e stakeholders chiamati a occuparsi di segnalare, monitorare e prevenire i casi di discriminazione genetica nel mondo e studiare i modi con cui rimuovere tali discriminazioni, preparando report e policy e anche raccogliendo segnalazioni da parte dei cittadini.

Un importante passo verso la lotta alle discriminazioni, anche di quelle fondate sul patrimonio genetico di una persona.

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