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Congedi parentali e sostegno alla genitorialità: cosa cambia dal 2024

Diversity & Inclusion - Mariavittoria Biondo - 28 Novembre 2023

 

Notoriamente, il lavoro di cura  obbliga spesso le donne a dover scegliere tra la famiglia e il lavoro. Tale scelta, come dimostrano numerose indagini[1], ha alimentato e alimenta ancora oggi il gender gap nel mondo del lavoro. Allo scopo di realizzare il tanto agognato equilibrio di genere, da diversi anni la normativa giuslavoristica europea e nazionale è oggetto di continue modifiche, soprattutto con riguardo alla fruizione dei congedi di maternità, di paternità e di quelli parentali. Specialmente durante e dopo la pandemia, questo cambio di paradigma ha preso una rapida accelerazione, evidentemente perché «a causa del lockdown, i padri hanno assunto un ruolo più attivo in casa e si sono impegnati maggiormente nella cura dei figli»[2]. Tuttavia, quando si tratta di fornire assistenza ai bambini più piccoli, come fare loro il bagno, dare loro da mangiare o curarli se malati, ecco che i dati dimostrano come siano soprattutto le donne ad assumersi questa responsabilità[3], scegliendo (o dovendo scegliere) di fruire dei congedi facoltativi. Sul punto, il Disegno di Legge di Bilancio (2024) contiene alcune novità, che si inseriscono nel percorso di armonizzazione e riordino della disciplina già avviato per mezzo della L. n. 32/2022 (c.d. Family Act), a cui hanno fatto seguito le novelle introdotte dal D. lgs. n. 105/2022 e dalla L. n. 197/2022.

CONGEDI PARENTALI

Quanto al congedo parentale, si ricorda che si tratta di una misura di conciliazione ulteriore rispetto al congedo di maternità e di paternità, consistente in un periodo continuativo o frazionato complessivo di dieci mesi, o undici, nel caso in cui il lavoratore padre fruisce di un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Tale congedo è fruibile dai lavoratori dipendenti nei primi sei o dodici anni di vita del minore, a seconda delle condizioni di cui al Capo V del D. lgs. n. 151/2001 e ss.mm.ii.

Come cennato in precedenza, il Family Act ha tracciato la strada per il riordino della disciplina, prevedendo l’adozione di uno più decreti legislativi. Stando ai criteri direttivi dettati dal Family Act, si vuole procedere all’estensione dell’età anagrafica del minore dai 12 ai 14 anni e garantire una maggiore flessibilità nella gestione del periodo di congedo da parte dei genitori. Per esempio, allo scopo di preservare l’uso del congedo, si è delegato al Governo l’introduzione di un permesso retribuito di durata non inferiore a 5 ore nel corso dell’anno, per ciascun figlio, al fine di partecipare ai colloqui scuola-famiglia e, più in generale, al percorso di crescita dei figli. Inoltre, al fine di ridurre il gender gap nella gestione delle responsabilità di cura, si prevede l’introduzione di una premialità nel caso in cui i congedi siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori. Infine, nel tentativo di ridurre la rigida dicotomia tra lavoratori autonomi e subordinati, il Governo è chiamato a adottare misure che favoriscano l’estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti.

L’evoluzione della normativa sui congedi parentali è proseguita con il recepimento della Direttiva (UE) n. 1158/2019 per mezzo del D. lgs. n. 105/2022, che ha apportato modifiche significative al riguardo. Di queste, si segnalano:

a) indennità dovuta fino al dodicesimo anno di vita del minore, anziché fino al sesto anno d’età;

b) riconoscimento dell’intero periodo di congedo parentale (della coppia genitoriale) al solo genitore affidatario esclusivo;

c) inclusione, ai fini del calcolo dell’indennità, anche del rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati;

d) esclusione della riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia per il godimento del congedo.

Infine, mediante la Legge di Bilancio (2023), ossia la L. n. 197/2022, l’indennità è stata elevata, per un mese, in alternativa tra i genitori e fino al sesto anno di vita del minore, alla misura dell’80% della retribuzione, anziché del 30%. Si specifica come tale misura trovi applicazione solo per i genitori che abbiano terminato il congedo di maternità o di paternità al 31 dicembre 2022.

Ricostruendo sinteticamente l’evoluzione normativa del congedo parentale, le modifiche significative concernono l’estensione del periodo di congedo da sei a dieci mesi complessivi (o undici, nell’ipotesi sopra osservata) e l’aumento graduale (per un solo mese) del trattamento economico. Volendo osservare il fenomeno secondo una prospettiva di genere, l’Osservatorio INPS sulle prestazioni a sostegno della famiglia osserva come aumentino di anno in anno i beneficiari del congedo di paternità, che si ricorda essere un congedo obbligatorio.

Tuttavia, si evidenzia come, nel caso del congedo parentale (facoltativo), il gap madri-padri sia ancora troppo ampio. Confrontando i dati raccolti dall’Osservatorio INPS sulle prestazioni a sostegno della famiglia, nell’anno 2021 sono 217.393 le lavoratrici che hanno beneficiato del congedo parentale e 13.212.847 le giornate di congedo parentale autorizzate. Nel caso degli uomini, invece, il numero di lavoratori che hanno beneficiato del congedo parentale scende a 58.177, mentre quello delle giornate di congedo parentale autorizzate a 1.461.187[4]. Come si può notare, il congedo parentale è fruito soprattutto dalle donne, confermando che l’equa distribuzione delle responsabilità genitoriali è ancora lontana.

Con il nuovo Disegno di Legge di Bilancio (2024) si intende continuare l’opera di potenziamento dell’indennizzo, attraverso lo stanziamento di 140 milioni di euro nel 2024 e 175 milioni dal 2025.

Quanto alla nuova disciplina, per effetto delle modifiche apportate dal D.D.L. Bilancio (2024), l’art. 34, comma 1, del D.lgs. n. 151/2001 dovrebbe così recitare: «Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima complessiva di due mesi fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80 per cento della retribuzione nel limite massimo di un mese e alla misura del 60 per cento della retribuzione nel limite massimo di un ulteriore mese, elevata all’80 per cento per il solo anno 2024. La disposizione di cui al primo periodo si applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità di cui rispettivamente al Capo III e al Capo IV del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, successivamente al 31 dicembre 2023».

In altri termini, la modifica riguarda esclusivamente il periodo attribuito in alternativa tra i genitori di minore fino ad anni 6, che hanno terminato il periodo di congedo obbligatorio al 31 dicembre 2023. Nel dettaglio, per l’anno 2024, dei dieci o undici mesi complessivi di congedo, 7 sono indennizzati al 30% della retribuzione, 2, da fruire, fino al sesto anno di vita del minore e in alternativa tra i genitori, sono indennizzati all’80%, mentre i restanti uno o due mesi, invece, non sono indennizzati[5] . Per l’anno 2025, invece, dei due mesi fruibili fino al sesto anno di vita del minore e in alternativa tra i genitori, soltanto uno sarà indennizzato all’80%, l’altro al 60%.

BONUS NIDO

Il nuovo Disegno di Legge di Bilancio (2024) apporta anche modifiche al c.d. “bonus asilo nido” di cui all’art. 1, comma 355, L. n. 232/2016[6], con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2024. Le modifiche consistono in un aumento “standard” del bonus, cioè non variabile in funzione della fascia reddituale, di 2100 euro in favore dei nuclei familiari nei quali sia già presente almeno un figlio di età inferiore ai dieci anni, benché senza gravi patologie croniche, con un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) fino a 40.000 euro. In altri termini, a partire dall’anno 2024, ogni famiglia, che rispecchia le caratteristiche anzidette, riceverà un supporto mensile di euro 327 circa per undici mesi.

Tale bonus rappresenta una misura complementare al congedo parentale, con il quale si intende incentivare la permanenza dei lavoratori genitori (delle lavoratrici madri, rectius) sul posto di lavoro. Tuttavia, considerando che i posti negli asili comunali, dove le rette mensili sono più basse, sono insufficienti rispetto alla domanda, si osserva come a una madre, che intende lavorare e ridurre l’uso dei congedi parentali, non resta che orientarsi verso i nidi privati, per cui il costo medio di una retta, se lascia il bambino per 10 ore al giorno, è di 620 euro[7].

BONUS MAMMA

Infine, il Disegno di Legge di Bilancio (2024) prevede un sostegno ad hoc per le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato, madri di due, tre o più figli. Tale misura prevede che, «per i periodi di paga dal 1°gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, è riconosciuto un esonero del cento per cento della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. Tale esonero è riconosciuto, in via sperimentale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo».

La misura, proiettandosi al futuro (2026) vuole fungere da stimolo alle nuove nascite. A tal proposito, si ricorda che che i dati sulla natalità dell’ISTAT registrano una media di figli per donna pari a circa 1 figlio da decenni, e che il 60% circa delle coppie desidera al massimo due figli[8]. Basterà la promessa dell’esonero contributivo a innescare la tanto necessaria ripresa della natalità, in tempi di carovita e risicatissimi posti all’asilo nido? Il monitoraggio statistico dei prossimi anni dirà se queste misure siano state uno choc sufficiente.

 

 

 

[1] Tra le tante, v. Istat, I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo, 2019, spec. 37 ss. e il rapporto sull’Indice EIGE (European Institute for Gender Equality) relativo all’uguaglianza di genere 2022, secondo il quale, durante la pandemia, il 40% delle donne, rispetto al 21% degli uomini, ha dedicato almeno quattro ore, in un normale giorno della settimana, alla cura dei bambini nella prima infanzia.

[2] Carlien Scheele, direttore dell’EIGE, in occasione del discorso sull’assistenza domestica e domiciliare, tenuto il 14 novembre 2023 al Congresso dell’UE, ospitato dalla Federazione europea per l’occupazione familiare e l’assistenza domiciliare presso l’EGG Centro di Bruxelles.

[3] Secondo l’indagine EIGE 2022 sui divari di genere nell’assistenza non retribuita, nelle attività individuali e sociali, il 49% delle donne, contro il solo 6% degli uomini, si fa carico dell’assistenza ai bambini molto piccoli.

[4] I dati raccolti sono relativi ai dipendenti del settore privato, lavoratori autonomi e parasubordinati.

[5] A eccezione dei casi con “reddito sottosoglia”, per cui il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

[6] Si tratta di un supporto economico di euro 1500, riconosciuto per undici mensilità, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, in favore dei bambini al di sotto dei tre anni con gravi patologie croniche. Tale bonus è inoltre incrementato di euro 1500 per i nuclei familiari con un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) fino a 25mila euro e di euro 1000 per quelli con ISEE da 25.001 mila a 40mila.

[7] Agosti Campisi M., Asilo nido privato, rette salate per un servizio essenziale, 24 marzo 2022, https://alleyoop.ilsole24ore.com/2022/03/24/asilo-nido-privato/?refresh_ce=1.

[8] V. Istat, Indagine Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita, 2016 e, più di recente, Istat, Indagine Famiglie, Reti familiari, percorsi lavorativi e di vita, 2022, secondo cui «la distanza tra numero di figli effettivamente avuti e numero di figli attesi si è fatta nel tempo sempre più ampia. Dalla lettura dei dati di fecondità per ordine di nascita si osserva come, nonostante l’aumento del numero di donne senza figli, in Italia non ci sia tanto una disaffezione verso la maternità quanto una rarefazione delle nascite di figli di secondo ordine e – ancor più – di terzo ordine o superiore», spec. 14.

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