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Carcere e persone LGBTQIA+: online il XVIII Rapporto dell’associazione Antigone

Letture - Nicola Deleonardis - 17 Gennaio 2023

 

È stato pubblicato il XVIII Rapporto sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone, che contiene una sezione dedicata al rispetto dei diritti delle persone LGBTQIA+ nelle carceri italiane.

Antigone è un’importante e solida realtà associativa, che annovera personalità di spicco anche del mondo accademico. Nata alla fine degli anni Ottanta, l’associazione si pone molteplici obiettivi: promuovere elaborazioni e dibattiti sul modello di legalità penale e processuale del nostro Paese; raccogliere e divulgare informazioni sulla realtà carceraria, sia confrontando norma e realtà applicativa, sia sensibilizzando l’opinione pubblica sul problema delle condizioni di detenzione nelle carceri anche attraverso l’Osservatorio nazionale sull’esecuzione penale; promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione su temi o aspetti particolari, comunque attinenti all’innalzamento del modello di civiltà giuridica del nostro Paese.

Il XVIII Rapporto volge la propria attenzione anche alle condizioni di detenzione delle persone LGBTQIA+ a seguito delle modifiche apportate all’ordinamento penitenziario (L. n. 26 luglio 1975 n. 354) dai d.lgs. 2 ottobre 2018 n. 123 e n. 124, attuativi della L. 23 giugno 2017 n. 103 (Riforma Orlando), che hanno esteso il divieto di discriminazione anche a fattori relativi al “sesso, identità di genere e orientamento sessuale” (v. art 11, c. 1, lett. a), d.lgs. n. 123/2018).

Nel Rapporto si sottolinea la distanza tra la tutela prevista per le persone LGBTQIA+ dal d.lgs. n. 123/2018, secondo i principi sanciti dagli artt. 3 e 27 c.3 Cost., e l’applicazione concreta del provvedimento.

Dalle ricerche condotte da Antigone emerge una condizione più difficile soprattutto per gli uomini gay e le persone transessuali, diversamente dalle donne omossessuali che non ricevono particolare attenzione.

In un ambiente in cui la dimensione sessuale risulta  annichilita, condizionato dalla “violenza virile”, gli uomini gay tendono a nascondere il proprio orientamento sessuale, per non essere esposti a vessazioni. Infatti, nel caso in cui l’amministrazione penitenziaria sia a conoscenza del loro orientamento sessuale, gli uomini omosessuali vengono isolati in “sezioni protette” al fine di evitare eventuali aggressioni . Nonostante le garanzie poste dall’ordinamento penitenziario (v. il novellato art. 14, c. 7, L. n. 354/1975), la reclusione in apposite sezioni preclude nei fatti la loro partecipazione ad attività di reinserimento lavorativo. Proprio per questa ragione, come lo stesso Rapporto evidenzia, il censimento relativo alla presenza delle persone gay nelle carceri non risulta attendibile: il dato che emerge potrebbe essere, presumibilmente, più basso del reale.

L’affermazione del principio di non discriminazione nelle carceri incontra ulteriori ostacoli nel caso di persone transessuali, soprattutto se MtoF (Male to Female), a causa della difformità tra sesso anagrafico e identità di genere percepita. La questione, come illustra il Rapporto, è stata sottoposta all’attenzione dei giudici soprattutto a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 221/2015 che, modificando la L. n. 164/1982, ha definito non necessario il trattamento chirurgico di riattribuzione dei caratteri sessuali nel procedimento di rettificazione.

Dal Rapporto emerge ancora una forte condizione di emarginazione e di lesione dei diritti individuali delle persone LGBTIQA+: «da quanto osservato sin qui appare evidente che nelle carceri italiane la segregazione per categorie residuali e l’urgenza di prevenzione della promiscuità non vengono ancora accantonate, tanto nelle scelte amministrative quanto negli agiti del personale penitenziario. Correzione, normalizzazione, sorveglianza e patologizzazione sono dispositivi ancora utilizzati, che ben si contestualizzano nel codice culturale binario della struttura carceraria. Il rischio è quello di trasformare la tutela dei diritti degli individui in tutela dei diritti di alcuni contro altri, custodi e custoditi, o di alcune contro altre, donne transgender e donne cisgender».

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