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Approvata la Direttiva Europea sulla Trasparenza Salariale

Attualità - Anna Zilli - 1 Aprile 2023

 

Che l’abbattimento delle asimmetrie informative costituisca uno snodo fondamentale per le pari opportunità nei rapporti di lavoro, non è affatto una novità: oggi, però, appare evidente che la trasparenza salariale, a qualunque livello ci si posizioni, rappresenta una condizione necessaria per combattere le disuguaglianze. In questo senso, è, ormai, chiaramente emerso il collegamento diretto tra la diffusione della trasparenzae la lotta alla povertà lavorativa.

Il principale ostacolo alla trasparenza salariale è stato rappresentato, sino a oggi, dalla necessità di garantire la tutela della riservatezza di tutti i lavoratori coinvolti. I dati contenuti nel prospetto paga dei lavoratori dipendenti, in quanto collegati a persone fisiche, individuate o individuabili, rientrano certamente nella nozione di «dato personale», già contenuta nell’art. 1, l. n. 675/1996. Rispetto a essi, l’Autorità
garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto necessario «adottare le opportune misure volte a tutelare la riservatezza degli interessati (es: piegando e spillando il cedolino, imbustandolo, apponendovi una copertura delle parti più significative, ovvero introducendo una “distanza di cortesia” agli sportelli), affinché tali dati non siano immediatamente accessibili a terzi, ma rimangano conoscibili dai soli incaricati del trattamento che li devono necessariamente utilizzare per la gestione del rapporto di lavoro». Nell’intento di garantire la riservatezza del lavoratore, si è chiesto, pertanto, al datore di trattare i dati personali contenuti nelle buste paga (sia nella fase di elaborazione, sia in quella di consegna) con tutte le cautele necessarie.

Le accortezze già citate avvantaggiano, però, il solo datore di lavoro. Infatti, la tecnologia consente ogni possibile elaborazione, proiezione, analisi stipendiale, mentre la garanzia approntata dalla “chiusura della busta” è, al contrario, una finta protezione e un danno di ritorno. Se non può soddisfatta la richiesta dei cedolini altrui, non vi è modo di conoscere la propria condizione in termini di comparabilità.

Sicché, dalla riservatezza, i lavoratori hanno avuto, nel tempo ben più da perdere, che da ricevere.

Nella seduta plenaria del Parlamento europeo, una larghissima maggioranza ha votato a favore dell’adozione della direttiva sulla trasparenza retributiva dell’UE volta a ridurre il divario retributivo di genere nell’UE.

La Direttiva, proposta dalla Commissione nel marzo 2021, dovrà ora essere formalmente adottata dagli Stati membri e recepita nel diritto nazionale entro tre anni dall’entrata in vigore.

La direttiva mira a rendere le retribuzioni più trasparenti obbligando le imprese con più di 100 dipendenti a segnalare e correggere le loro disparità salariali, nel tentativo di ridurre il divario retributivo di genere nell’UE, che attualmente si attesta al 12,7%.

I datori di lavoro dovranno adottare misure correttive se il divario retributivo supera il 5% senza giustificazioni, mentre i dipendenti avranno il diritto di accedere a dati disaggregati per sesso sullo stipendio e conoscere i criteri utilizzati per definire gli aumenti salariali e salariali, che dovranno essere neutri dal punto di vista del genere.

La direttiva garantirà inoltre alle persone in cerca di lavoro l’accesso alle informazioni sulla fascia retributiva delle posizioni per cui si candidano, mentre i datori di lavoro non saranno in grado di chiedere informazioni sulla loro precedente retribuzione, limitando la possibilità che la loro storia salariale influenzi la retribuzione offerta ai candidati.

Gli Stati membri dovranno stabilire sanzioni in caso di mancato rispetto del principio della parità di retribuzione, mentre i lavoratori avranno diritto a un risarcimento se le imprese non rispettano gli obblighi in materia di parità retributiva.

L’ampio supporto che la Direttiva ha ricevuto non è andato esente da polemiche. Durante la plenaria, 427 membri del Parlamento hanno votato a favore della direttiva, con 79 voti contrari e 76 astensioni.

La direttiva ha ricevuto un ampio sostegno trasversale dai legislatori europei dei gruppi PPE, Renew, S&D e Sinistra, mentre diversi deputati di partiti di estrema destra si sono lamentati del fatto che la direttiva creerà ulteriori oneri amministrativi per le aziende e che interferisce con le competenze nazionali, come segnalato da Eige e Euractiv

“Questa legislazione è progressista, moderna, femminista, liberale, intersezionale”, ha detto Samira Rafaela (Renew), co-relatrice del dossier, aggiungendo che le regole sulla trasparenza salariale precedentemente applicate da alcuni Stati membri hanno avuto un impatto positivo sulla parità salariale.

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