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Ancora sul “gioco dell’oca“ e sull’onere di collaborazione della P.A. digitale

Giurisprudenza - Massimiliano De Falco - 6 Giugno 2023

Su questo portale, è stato recentemente annotato il decreto cautelare n. 5055/2022 del Consiglio di Stato, ove è emerso chiaramente come la complessità delle procedure informatiche imposte dalla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione non possa farsi ricadere sul privato cittadino, il quale non può essere costretto a un «gioco dell’oca» per completarle, né può munirsi di un ufficio informatico per dialogare con la P.A. In particolare, in quella sede, era stato rilevato che, nei casi in cui sia impossibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del trasmittente o la trasmissione sia stata danneggiata per vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’Amministrazione che ha gestito la procedura, nelle more della «individuazione dell’effettivo limite dell’onere di diligenza informatica che possa ragionevolmente farsi gravare sul cittadino».

La questione, lungi dall’essere risolta, è stata nuovamente affrontata dal Giudici di Palazzo Spada nella sentenza n. 4444 del 2 maggio 2023. La vicenda riguarda un concorso per l’accesso a percorsi di specializzazione universitaria, nell’ambito della quale una candidata non aveva superato la terza (e ultima) prova, a causa di un malfunzionamento della telecamera utilizzata per sostenere l’esame da remoto.

All’esito del ricorso proposto dalla candidata, il T.A.R. accordava, in fase cautelare, la ripetizione dell’esame, che la stessa superava con un punteggio tale da consentirle l’inserimento in graduatoria. Con la successiva sentenza n. 5238/2021, l’adito Tribunale Amministrativo accoglieva il ricorso, ritenendo illegittimo l’impugnato provvedimento di non valutazione della terza prova e confermando, così, l’effetto conformativo già anticipato con la precedente ordinanza cautelare.

Avverso tale decisione, l’Università impugnava la sentenza in appello, domandandone la riforma, previa sospensione cautelare degli effetti, eccependo l’inammissibilità del soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure concorsuali e l’accettazione, da parte della interessata, delle regole di concorso che esoneravano l’ente pubblico da qualsivoglia responsabilità per gli inconvenienti occorsi ai dispositivi informatici adoperati dai singoli candidati durante le prove d’esame. Sennonché, con ordinanza cautelare n. 5989/2021, il Consiglio di Stato rigettava l’istanza di sospensione e, nella sentenza qui richiamata, dichiarava definitivamente infondato l’appello.

Nella decisione, infatti, si osserva come la causa del problema tecnico verificatosi durante l’esame sia rimasta ignota, non essendo desumibile dagli atti se il mancato funzionamento della telecamera sia imputabile a un’imperizia o una negligenza della candidata, ovvero a un malfunzionamento della piattaforma telematica adoperata dall’Università, o ancora ad un fatto del terzo.

Pur riconoscendo alla commissione di concorso di aver atteso oltre i tempi canonici per il superamento delle difficoltà tecniche incontrate dalla candidata (cinque minuti, anziché otto), a parere dei Giudici, i principi di correttezza, buona fede e buon andamento – «che operano nei confronti dell’Amministrazione e che devono orientare le sue condotte nei rapporti con gli interessati» – impongono (e, quindi, avrebbero dovuto imporre) di «prevedere una sessione ad hoc per la ripetizione della prova», tanto più considerando che l’Università, in altre circostanze, già aveva disposto delle sessioni d’esame suppletive.  Inoltre, nella sentenza si rileva che la ripetizione della prova non avrebbe pregiudicato la par condicio dei concorrenti, «ben potendosi pubblicizzare la nuova sessione d’esame al fine di consentire la partecipazione ai concorrenti interessati ad assistervi».

Sulla scorta di tali considerazioni e richiamandosi all’art. 1, c. 2-bis, L. n. 241/1990 – secondo cui i rapporti tra P.A. e privato cittadino sono «improntati ai principi di collaborazione e buona fede» – il Consiglio di Stato ha statuito «l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dei principi di correttezza e di buon andamento dell’azione amministrativa», allorché «non era inesigibile da parte dell’Università la predisposizione di una sessione suppletiva, come peraltro disposto in altre circostanze, tenuto conto anche delle obiettive difficoltà dipendenti dall’emergenza sanitaria all’epoca in atto nel nostro Paese che ha reso necessario l’utilizzo immediato degli strumenti informatici e telematici per l’espletamento di fondamentali momenti della vita di relazione, lavorativa e sociale, senza un congruo preavviso che consentisse l’adeguata predisposizione degli appositi accorgimenti». Ancora una volta, è, quindi, la giustizia amministrativa a chiarire il perimetro dell’onere di collaborazione della P.A. digitale nei confronti dei privati cittadini, il quale deve concretizzarsi in un soccorso istruttorio, procedimentale e informatico, che si estende dalla fase preventiva sino a quella successiva delle procedure concorsuali informatiche per l’accesso ai servizi e agli impieghi pubblici.

Nella medesima direzione, già si collocava il Parere del Consiglio di Stato n. 585 del 15 aprile 2023, che, in relazione alla approvazione dello schema di regolamento recante modifiche al D.P.R. n. 487/1994 (recante «norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi»), ha censurato il mancato inserimento del comma che avrebbe dovuto tutelare «nel caso di malfunzionamento, parziale o totale della piattaforma digitale, che impedisca l’utilizzazione della stessa per la presentazione della domanda o dei relativi allegati» il candidato, a cui «ciascuna amministrazione deve garantire un servizio di assistenza di tipo informatico». Nell’attesa della formalizzazione di tale obbligo, sarà comunque onere della P.A. prevenire i rischi connessi all’utilizzazione delle nuove tecnologie per l’accesso agli impieghi, anziché doversene curare poi, nel solco di una giurisprudenza amministrativa che, comunque, è ben consapevole del significato dei principi di correttezza, buona fede e buon andamento.

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