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Alla ricerca della sostenibilità (inclusiva): #CoopDay2023 e convenzioni di inserimento lavorativo ex art. 14, D.Lgs. n. 276/2003

Diversity & Inclusion - Massimiliano De Falco - 21 Luglio 2023

Su questo Portale, è stato recentemente ricordato come il primo sabato di luglio di ciascun anno ricorra la Giornata Internazionale delle Cooperative, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1995, per celebrare e promuovere i valori fondanti del movimento cooperativo. Il #CoopDay2023 è stato dedicato al tema “Cooperatives for sustainable development”, nella salda idea che la cooperazione – in quanto ispirata dai principi dell’uguaglianza, della partecipazione e della solidarietà – contribuisca efficacemente alla realizzazione degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile individuati nell’Agenda ONU 2030.

Nell’anno che segna la metà del percorso avviato dalle Nazioni Unite nel 2015, quindi, lo slogan all’insegna del quale è stata inaugurata questa Giornata Internazionale ambisce ad aumentare la consapevolezza sul ruolo che le cooperative assumono per la sostenibilità. Tale concetto, però, non deve essere declinato – come tradizionalmente accade – soltanto in chiave ambientale, ma anche (e soprattutto) quale vessillo per garantire le pari opportunità e combattere le disuguaglianze, imponendo una riflessione sulla centralità della persona nei processi di cambiamento.

Questa interpretazione della sostenibilità rispecchia l’Obiettivo (n. 8 dell’Agenda ONU 2030) di «incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e [appunto] sostenibile, una occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti [specie per] le persone con disabilità, e una equa remunerazione per lavori di equo valore». Così riletto, il valore della sostenibilità trova piena manifestazione nell’azione cooperativa, specie ove si considerino congiuntamente il primo e il settimo principio della propria Dichiarazione d’Identità, che testimoniano l’impegno della cooperazione verso il contrasto a ogni forma di discriminazione e verso la promozione dello sviluppo sostenibile.

Al riguardo, nell’ordinamento nazionale, rileva un meccanismo, accuratamente progettato nell’art. 14, D. Lgs. n. 276/2003, che consente di cogliere la sostenibilità cooperativa, nel connubio fra inclusione e produttività, in un’ottica a valore diffuso. In particolare, il modello delle convenzioni-quadro su base territoriale di cui all’art. 14, D. Lgs. n. 276/2003 (invero, abolito nel 2007, salvo poi essere ripristinato l’anno successivo) si propone di realizzare una virtuosa collaborazione fra le cooperative (sociali) e le imprese del mondo profit, finalizzata a realizzare l’inclusione lavorativa di persone che, altrimenti, rischierebbero di restare escluse dal mercato del lavoro.

Attraverso tale strumento normativo, si prevede una peculiare formula di “distacco” in cui, previa validazione della convenzione da parte della Regione, la persona svantaggiata sia assunta da una cooperativa sociale in luogo dell’impresa, la quale, in contropartita, assegna alla cooperativa medesima commesse di lavoro proporzionate al costo del personale inserito, per tutta la durata dell’appalto. Il meccanismo si rivela particolarmente efficace per le persone con disabilità, della cui assunzione sono gravati tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, al raggiungimento di una determinata soglia occupazionale (ex art. 3, L. n. 68/1999): infatti, l’integrazione delle persone con disabilità presso la cooperativa si considera utile ai fini della copertura della quota di riserva dell’impresa onerata dell’obbligo assuntivo.

Tuttavia, già dalla sua rubrica – «Cooperative sociali [oggi, anche «Imprese sociali»] e inserimento dei soggetti svantaggiati» – si evince come la disposizione intenda rivolgersi a una platea di destinatari ben più ampia rispetto a quella individuata dalla L. n. 68/1999. Sotto questo profilo, l’intento del legislatore pare essere stato, quantomeno in astratto, quello di recepire le istanze avanzate nell’ambito della definizione del modello biopsicosociale della disabilità, secondo cui questa caratteristica personale non deve più essere associata alle sole menomazioni della persona, bensì deve considerare i processi di esclusione determinati dal rapporto tra tali menomazioni e le barriere di diversa natura presenti nell’ambiente circostante e che ostano a una piena ed effettiva partecipazione della persona su base di uguaglianza con gli altri.

Nel concreto, però, in assenza di un obbligo assuntivo espressamente previsto per tutti i lavoratori svantaggiati (ex Regolamento CE n. 2204/2002 o ex art. 4, L. n. 381/1991), questi ultimi potrebbero essere inseriti solo se la loro assunzione fosse incentivata, auspicabilmente a opera delle Regioni. Questo è quanto dimostrano le delibere delle Giunte regionali approvanti le convenzioni-quadro, che, nel trasporre il contenuto dell’art. 14, D. Lgs. n. 276/2003 negli accordi territoriali, individuano solo le persone con disabilità quali destinatari dello strumento convenzionale; certo è che occorre aver presente che l’ambito soggettivo di applicazione della norma è ben più ampio e i suoi promotori sono stati ben più lungimiranti.

Ciò premesso, il valore della sostenibilità cooperativa, nel modello descritto, investe tutte le parti coinvolte, in una prospettiva win-win(-win-win).

A trarne vantaggio vi è, anzitutto, l’impresa profit, ove, sovente, l’inclusione di lavoratori svantaggiati e con disabilità appare più complessa. Attraverso la stipula delle convenzioni-quadro, il datore di lavoro gravato dell’obbligo assuntivo può adempirvi regolarmente, risparmiando i maggiori oneri connessi al reclutamento diretto, ovvero al pagamento delle sanzioni amministrative connesse alla mancata copertura della quota di riserva (ex art. 15, L. n. 68/1999); inoltre, anche qualora l’inserimento presso la cooperativa sociale riguardi lavoratori svantaggiati non disabili, l’impresa può giovarsi, a parità di – o a minori – costi, di beni e servizi che produce in sede o che acquista da terzi.

Di riflesso, grazie alla forza propulsiva contenuta nell’art. 14, D. Lgs. n. 276/2003, la cooperativa può garantirsi commesse di lavoro funzionali al mantenimento degli equilibri finanziari e al perseguimento del proprio obiettivo sociale, assicurando occasioni di impiego a persone che, spesso, restano escluse dagli ordinari canali in cui spontaneamente avviene l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Così facendo, le cooperative sociali sono, altresì, indotte a emanciparsi da una visione puramente assistenzialista, generando prosperità economica e reinvestimento sociale.

A beneficiare del modello vi è anche il sistema di welfare pubblico, in quanto la riduzione del numero di persone inattive e disoccupate sul mercato del lavoro attenua la pressione sul bilancio dello Stato e permette di sostenere il modello di protezione sociale nazionale. Invero, l’indipendenza economica delle persone con disabilità o delle persone svantaggiate sgrava la P.A. dei costi per assistenza, altrimenti necessari per dare attuazione ai principi di solidarietà e di uguaglianza.

Infine (e soprattutto), per le persone svantaggiate o con disabilità si tratta di recuperare soddisfazione, professionalità e, più in generale, dignità attraverso il lavoro, in un modello vigilato dalla Pubblica Amministrazione e in un contesto organizzativo – cooperativo e solidale – maggiormente sensibile alle esigenze della persona, capace di premiarla e valorizzarla, anche sul versante normativo, in qualità di socio-lavoratore.

A questo meccanismo è stato dedicato il Convegno «Imprese, produttività, inclusione in un mercato del lavoro in trasformazione», organizzato da Regione Lombardia, in collaborazione con ADAPT e con il Consiglio Provinciale dei Consulenti del lavoro di Milano, lo scorso 19 giugno (qui il video dell’evento), ove si è tentato di (di)mostrare, anche attraverso ricche presentazioni di buone esperienze, come sostenibilità (ma anche produttività) e inclusione delle persone con disabilità siano due facce della stessa medaglia. Se è vero, dunque, che le cooperative promuovono (e promuoveranno) lo sviluppo sostenibile, non vi è esempio più chiaro per comprendere come tale sviluppo debba partire dalle persone, “senza lasciare nessuno indietro”.

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