Licenziamenti discriminatori per motivi di genere e per maternità
Sinossi: Con la sentenza e con l’ordinanza in commento i giudici tornano a pronunciarsi in materia di discriminazione di genere. Il Tribunale di Milano ha affermato che costituisce una discriminazione indiretta, ex art. 25, comma 2, d.lgs. n. 198/2006, l’attribuzione di un elevato punteggio, tra i criteri di scelta, al possesso di una formazione il cui accesso è stato consentito dal datore di lavoro in modo preminente ai lavoratori di sesso maschile. La Corte di cassazione ha accolto una lettura rigorosa del concetto di cessazione dell’attività d’azienda, quale deroga al divieto di licenziamento della lavoratrice madre per cessazione dell’attività ex art. 54, comma 3, d.lgs. n. 151/2001 e ha chiarito che – in presenza di un fallimento e pur in assenza di un esercizio provvisorio dell’impresa – non può applicarsi tale deroga in presenza di attività conservative dell’azienda che ne escludono l’effettiva cessazione.
Abstract: With the sentence and the order in question, the judges return to ruling on gender discrimination. The Court of Milan stated that it constitutes indirect discrimination, pursuant to art. 25, paragraph 2, Legislative Decree no. 198/2006, the attribution of a high score, among the selection criteria, to the possession of training whose access has been allowed by the employer primarily to male workers. The Court of Cassation accepted a rigorous reading of the concept of cessation of company activity, as an exception to the prohibition on dismissal of the working mother for cessation of activity pursuant to art. 54, paragraph 3, Legislative Decree no. 151/2001 and clarified that – in the presence of bankruptcy and even in the absence of a temporary operation of the company – this exemption cannot be applied in the presence of conservative activities of the company which exclude its actual cessation.
