Intersezionalità e sicurezza sul lavoro: on-line il (doloroso) rapporto Inail 2023
Equal ha fatto dell’approccio intersezionale una delle proprie modalità operative, nella convinzione che la complessità del diritto antidiscriminatorio si possa cogliere solo attraverso tale largo e complesso approccio.
Il mese di aprile, dedicato all’approfondimento del tema della sicurezza sul e del lavoro, ci consente si praticare questa lettura e guardare al diritto a un lavoro sicuro attraverso la prospettiva di genere.
L’occasione viene anche dal recentissimo Dossier 2023 “Donne e sicurezza sul lavoro” dell’Inail, che restituisce un doloroso affresco sul lavoro delle donne, dal punto di vista della sicurezza.
In primo luogo, il Dossier sottolinea un aumento del 25,7% delle denunce di infortunio rilevato tra gennaio e dicembre 2022, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo dato “è legato soprattutto alle lavoratrici, che registrano un +42,9%, da 200.557 a 286.522 casi “.
Ciò è dovuto principalmente agli infortuni da Covid, che hanno coinvolto soprattutto le donne. Infatti “su 315.055 denunce di infortunio sul lavoro da Sars-CoV-2 pervenute all’Inail dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 dicembre, quelle che riguardano le donne sono infatti 215.487“.
Parimenti, nel medesimo periodo si è registrato un importante calo degli infortuni in Itinere, da attribuire al largo utilizzo del lavoro agile “da casa” nel periodo considerato.
Il lavoro delle donne è meno sicura, soprattutto per le donne impegnate nel lavoro di cura istituzionale: imponente il numero delle aggressioni ai danni delle lavoratrici attive nel campo delle professioni d’aiuto. In particolare, si parla di “aggressioni o violenze, da parte per esempio di pazienti o loro familiari nel caso delle operatrici sanitarie, da studenti e parenti nel caso delle insegnanti, fino alle rapine in banca e negli uffici postali, rappresentano circa il 3% di tutti gli infortuni femminili avvenuti in occasione di lavoro e riconosciuti dall’Inail.
Tra queste, oltre il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali. Seguono, a distanza, insegnanti e specialiste dell’educazione e della formazione, impiegate postali, personale di pulizia, addette ai servizi di vigilanza e custodia, alle vendite e alla ristorazione”.
Altro campanello di allarme è costituito dalla maggiore incidenza nelle donne di disturbi psichici. “A prevalere sono i disturbi nevrotici, legati a stress lavoro-correlato, ad esempio per mobbing (l’82% per le donne e il 76% per gli uomini), seguiti dai disturbi dell’umore (rispettivamente il 14% e il 20%)”.
Le donne sono dunque lavoratrici più fragili? No, sono invece maggiormente impiegate nei lavori stressanti e di contatto con utenti problematici, operano in condizioni peggiori, sono maggiormente vittime di comportamenti sgraditi.
Altresì, le lavoratrici subiscono maggiormente gli effetti del lavoro insicuro. Il caso più eclatante è connesso alle malattie asbesto-correlate.
Come noto, la l. n. 257/92 ha messo al bando l’amianto dai luoghi di lavoro, ma i danni che questo materiale provoca alla salute si manifestano con un ampissimo arco temporale, a causa dei lunghi periodi di latenza, che possono portare a manifestazioni anche dopo 40 anni dall’inizio dell’esposizione. Nel quinquennio 2017-2021, circa il 4% dei riconoscimenti ha riguardato il genere femminile. Tale quota è costantemente cresciuta nel periodo osservato: nel 2017 il 3,6% dei malati professionali è di genere femminile, nel 2021 il 4,6%. Per le donne la definizione dei postumi è risultata più severa.
Al 31 ottobre 2022, il 67% dei riconoscimenti riconducibili all’anno di protocollazione 2017 ha avuto un esito mortale, il 10% postumi compresi tra il 51% e il 100% e solo il 23% presenta una menomazione inferiore. La distribuzione percentuale delle malattie asbestocorrelate per classe ICD-10 è sensibilmente diversa per genere del malato: nel triennio più consolidato 2017-2019, il “Tumore maligno di tessuto mesoteliale e dei tessuti molli”, con il 74% dei riconoscimenti, è di gran lunga la patologia asbesto-correlata più diffusa per il genere femminile e la percentuale scende al 34% se non di considera la variabile genere. Questa evidenza spiega la maggiore gravità dei postumi riservata alle donne.
Quali le traiettorie di miglioramento possibili per le donne ?
Evidentemente, la prima e più impattante opzione potrebbe essere la fuga dagli impieghi insicuri: ma è di tutta evidenza la difficile praticabilità, qui e ora, di questo proposito, legato, in parte, alla scarsa disponibilità di altri impieghi in mancanza della formazione tecnica richiesta dal mercato e, in (maggior) parte, dalla indisponibilità di servizi di conciliazione tra vita personale e professionale.
Ma si può notare come anche il lavoro cd. non povero (es. insegnamento, carriera medica e infermieristica…) presenti caratteristiche negative, soprattutto con riferimento alle patologie stress-correlate e agli effetti delle disfunzioni organizzative che impattano molto più duramente sulle donne.
Questo spinge verso una seconda strategia, per migliorare la condizione delle donne con riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro, da orientare secondo due percorsi: innanzitutto, di carattere culturale per liberare gli impieghi dalle manifestazioni del machismo professionale e padronale; altresì, e urgentemente, di una forte azione degli organismi di parità sui luoghi di lavoro e nella società civile, per i quali le riforme vanno via via disegnando poteri rafforzati.