La Chiesa scozzese “dice si” al matrimonio tra persone dello stesso sesso
Una svolta storica ha segnato il diritto delle persone LGBTIQ+ in Scozia. L’Assemblea Generale della Chiesa presbiteriana scozzese ha votato a larga maggioranza (274 favorevoli e 136 contrari) la legge ecclesiastica che sancisce la possibilità per le coppie omosessuali di sposarsi in Chiesa.
Come dichiarato dal reverendo Iain Greenshields, “la Chiesa di Scozia è una chiesa grande e tra i suoi membri ci sono opinioni diverse sul tema del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Da molti anni c’è una discussione e un lungo e approfondito dibattito su questo argomento a tutti i livelli della Chiesa per trovare una soluzione che rispetti la diversità e valorizzi le convinzioni di tutti”. “La Chiesa si impegna a garantire che i dibattiti su questo tema si svolgano in uno spirito di umiltà, che il tono e il tenore delle discussioni siano civili e le persone siano rispettose di coloro che hanno opinioni opposte”.
Le dichiarazioni qui riportate preannunciano la peculiarità del provvedimento: il rispetto delle diverse opinioni dei membri appartenenti alla comunità religiosa. La norma, infatti, ha superato le perplessità espresse in sede di confronto ecumenico, ottenendo così l’approvazione, solo facendo leva sulla discrezionalità di scelta per ministri e diaconi di celebrare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nessun obbligo a celebrare per i rappresentanti della Chiesa presbiteriana, dunque, ma solo un’adesione volontaria dei singoli ministri. È proprio questo che rappresenta lo snodo della legge ecclesiastica scozzese: i reverendi saranno liberi di scegliere nel rispetto delle libertà fondamentali della persona.
Sembra, dunque, procedere a piccoli passi il processo di “secolarizzazione” della Chiesa scozzese, debitrice di una visione giusnaturalistica dell’uomo e sospinta da principi illuministici che ancora oggi portano i loro frutti (sul punto, v. F. Alicino, La “struttura ecclesiastica” dello Scottish Enlightenment. Le origini dell’illuminismo scozzese fra religione naturale e teologia razionale”, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, marzo 2021).
Diversamente accade per la Chiesa cattolica italiana, che non prende le distanze da posizioni reazionarie, con un arroccamento sulle posizioni antiLGBTIQ+, nonostante le evoluzioni del costume e della società civile, verificabili anche attraverso la giurisprudenza della Corte costituzionale, che più volte ha preso atto di tali cambiamenti, come è avvenuto con la sentenza n.79/2022, che ha dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni sulle adozioni in “casi particolari”, art. 44 ss., L. n. 184/1983, nella parte in cui non riconosce il legame giuridico tra minore adottato e parenti del genitore adottante. La decisione, sancendo la preminenza degli interessi del minore rispetto ai legami familiari giuridicamente riconosciuti in Italia, ha di fatto ampliato il concetto di famiglia che accogliamo nel nostro ordinamento.
Ovviamente, rispetto alla questione di una piena tutela delle coppie formate da persone dello stesso sesso, occorrerebbe leggere l’art. 29 Cost. alla luce del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. cosa che per il momento la Consulta non sembra intenzionata a fare.
Vi è però un percorso che anche lo Stato italiano nel suo insieme deve compiere se vuole rimanere fedele allo spirito della Carta costituzionale, rivedicando la sua laicità e (per coerenza) aprendo il matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso, ormai riconosciuto in numerosi paesi europei, e assolutamente interno all’ordinamento europeo come ha sancito la Corte di Giustizia, che ha esteso il principio della libertà di circolazione entro gli spazi eurocomunitari anche per le famiglie delle coppie formate da persone dello stesso sesso.