BLOG

Orientamento sessuale e scuole paritarie cattoliche. Un’interpretazione insolita del principio di “buona fede”

Attualità - Nicola Deleonardis - 8 Aprile 2022

Il 22 gennaio 2022 la Congregazione per l’Educazione Cattolica, organismo preposto dal Vaticano alla promozione e all’ordinamento dell’educazione nelle scuole e nelle università cattoliche, ha emanato un documento di 97 punti in cui definisce le linee guida per la valorizzazione dei principi religiosi all’interno delle scuole paritarie cattoliche.

Il Testo del Vaticano si intitola “L’identità della Scuola Cattolica per una cultura del dialogo”, lasciando intendere come la scuola paritaria cattolica, coerentemente con le parole di Papa Francesco, si adoperi per un rinnovato dialogo della Chiesa con la società. D’altronde, proprio il Punto 2 del Documento richiama le parole del Papa, il quale, in un incontro con gli istituti scolastici, ha sostenuto “noi non possiamo fare una cultura del dialogo se non abbiamo identità”. Nelle parole del Papa si legge la volontà di rinnovamento della Chiesa cattolica attraverso un confronto “con la storia, con la storia del cristianesimo. (…) Questo non significa che io devo fare una chiusura del presente e coprirmi del passato e rimanere lì per paura. No: questa è pusillanimità…”.

Eppure, procedendo nella lettura dei punti del Documento vaticano, sembra che le posizioni di Francesco siano strumentalizzate per consolidare posizioni della Chiesa più ortodossa e dogmatica, arroccata dietro il pregiudizio e riluttante al dialogo. Infatti, il dialogo si traduce nel Testo in un rafforzamento dell’identità religiosa delle scuole paritarie cattoliche; identità di cui deve essere ben informato anche il personale in procinto di essere assunto: “Qualora la persona assunta non si attenga alle condizioni della scuola cattolica e della sua appartenenza alla comunità ecclesiale, la scuola prenda le misure appropriate. Può essere disposta anche la dimissione (sic.!, ndr), tenendo conto di tutte le circostanze del singolo caso” (Punto 46).

Il tema trova ulteriori precisazioni nel Punto 77. Pur rievocando i principi che vietano le discriminazioni fondate, tra gli altri, sull’orientamento sessuale (D.lgs. n. 216/2003), il Documento avverte che qualora il lavoratore assunto non rispetti valori e codici di condotta dell’Istituto paritario “essi (il personale assunto, ndr) possono essere sanzionati come espressione di una mancanza di onestà professionale nel non adempimento delle clausole definite negli appositi contratti e nelle linee-guida istituzionali”.

Il Documento, dunque, sembra reinterpretare secondo una “prospettiva religiosa” il principio di buona fede, di cui all’art. 1375 del Codice Civile. Come è noto, il principio di esecuzione del contratto secondo buona fede – successivamente mutuato nei rapporti di lavoro come obbligo di diligenza, art. 2104 c.c. – costituisce criterio di valutazione del comportamento tenuto dalle parti nell’adempimento contrattuale, le quali sono tenute a osservare una serie di doveri di collaborazione che si sostanziano, tra gli altri, nell’obbligo di informare circa ogni questione che sia rilevante per la controparte. Qualora mutino alcune condizioni contrattuali nel corso del rapporto, l’adempimento contrattuale potrebbe risultare compromesso, rappresentando una causa di estinzione del rapporto.

Nel caso del Documento citato, il principio di “buona fede” viene interpretato letteralmente dal Cardinale Giuseppe Versaldi, firmatario del Documento, passando dal piano giuridico a quello religioso: la “buona fede” prevista del Codice Civile sembrerebbe assumere i contorni della fede religiosa, motivo per cui qualsiasi condotta inconciliabile con la “buona fede” cattolica, pur estranea al rapporto di lavoro e che tuttavia possa minare l’esecuzione dell’obbligazione contrattuale, configurerebbe una sanzione, nel caso specifico il recesso del rapporto (o meglio, secondo il Punto 46, le “dimissioni”).

Stando al Documento, dunque, i precetti (o pregiudizi) religiosi si trasformerebbero in uno strumento di reinterpretazione del principio civilistico suddetto, conducendo a un indebolimento delle relazioni contrattuali. Nelle scuole, inoltre, si diffonderebbero e consoliderebbero preconcetti fondati su qualità della persona che esulano dal rapporto di lavoro e inquinano le relazioni contrattuali, incidendo inopportunamente sulla prestazione di lavoro. Il merito cesserebbe di essere il meccanismo principale di selezione del personale e di preservazione del proprio posto di lavoro, soppiantato da qualità (si ribadisce, personali) che non ostacolano concretamente il corretto adempimento della prestazione.

A differenza delle affermazioni del Documento, la sensibilità del contraente (la scuola paritaria cattolica) alle qualità personali della controparte non può incidere sull’esecuzione del rapporto e sull’esercizio dei poteri dell’autonomia privata, così da impedire, o limitare, alle persone LGBTQ+ di accedere al lavoro nelle scuole paritarie. Evidentemente, il Documento sorvola sul fatto che la scuola paritaria cattolica sia soggetta alle norme che informano il sistema di istruzione italiano. Sebbene “alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico”, esse svolgono un servizio pubblico, motivo per cui devono parimenti uniformarsi ai principi di libertà sanciti dalla Costituzione (v. art. 1, c. 3, L. 10 marzo 2000, n. 62).

Naturale conseguenza della subordinazione dei precetti delle scuole paritarie cattoliche alla Costituzione è la nullità dei patti fondati sulla discriminazione per orientamento sessuale nel lavoro (v. già art. 15, L. n. 300/1970) e il divieto di discriminazione per orientamento sessuale nell’accesso al lavoro e in materia di condizioni di lavoro (v. la Direttiva n. 2000/78 e il D.lgs. n. 216/2003).

D’altronde, proprio recentemente, con sentenza del 2 novembre 2021, n. 31071, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Trento del 2017, n. 14, che aveva rilevato “la natura discriminatoria per orientamento sessuale, individuale e collettiva”, della condotta posta in essere da una scuola paritaria cattolica nella selezione per l’assunzione degli insegnanti (v. già R. Santoni Rugiu, Il caso della docente di una scuola religiosa: la discriminazione per orientamento sessuale nelle organizzazioni di tendenza, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 2017, 4, p. 816 ss; v. inoltre, N. Deleonardis, Cassazione: la libertà religiosa non giustifica la discriminazione in base all’orientamento sessuale). In questa decisione la Cassazione ha ribadito il principio della laicità dello Stato, e l’obbligo di conformarsi al rispetto dei principi garantiti dalla Costituzione (art. 2 Cost.), dal quale ne discende l’inammissibilità della deroga al divieto di discriminazione prevista dall’art. 3, d.lgs. 216/2003 a favore delle organizzazioni c.d. “di tendenza”.

Forse, anche in virtù di tale orientamento giurisprudenziale, il Documento fa leva sulla possibilità di “rinforzare la qualità istituzionale e professionale” delle scuole paritarie cattoliche “rafforzandoli giuridicamente tramite contratti di lavoro o altre dichiarazioni contrattuali dei soggetti coinvolti con chiaro valore legale” (v. Punto 77).

L’affermazione può essere oggetto di due distinte interpretazioni. La prima induce a pensare che i contratti di lavoro dovrebbero prevedere una clausola mediante cui la lavoratrice o il lavoratore attesti la propria eterosessualità, quale espressione di “retta dottrina” e “probità di vita” (come afferma il Punto 47). Tale clausola discriminatoria, tuttavia, sarebbe soggetta a nullità, come previsto dall’art. 15, L. n. 300/1970. Vi è anche una seconda possibile interpretazione, certamente non meno sconfortante, e che chiarirebbe meglio il ricorso al termine “dimissione” (Punto 46) in luogo del termine licenziamento che, com’è noto, rinviano rispettivamente al recesso del rapporto di lavoro da parte del lavoratore, nel primo caso, e del datore di lavoro, nel secondo (v. artt. 2118 e 2119 c.c.). Qualora sia il datore di lavoro a rilevare un inadempimento contrattuale, è quest’ultimo a irrogare il licenziamento, mentre non grava sul lavoratore l’obbligo di dimettersi. Il Punto 77, tuttavia, sembrerebbe adombrare la possibilità di servirsi di “dichiarazioni contrattuali con chiaro valore legale” al fine di evitare di incorrere in un licenziamento discriminatorio (ex art. 4, L. n. 604/1966 e art. 15 L. n. 300/1970). In sostanza, come nel caso delle “dimissioni in bianco” per le donne, soprattutto nel caso di gravidanza, il Documento pare che apra alla possibilità di ricorrere a tale pratica per evitare il rischio di un conflitto giudiziario.

Come emerge da questa breve analisi, il Documento non favorisce il dialogo delle Scuole paritarie cattoliche, basandosi su un “giudizio” di valore della persona non in funzione del ruolo professionale che riveste o può rivestire all’interno dell’istituto scolastico cattolico, ma del suo orientamento sessuale. Un modus operandi che, d’altronde, non sembra nemmeno in linea con le dichiarazioni di Papa Francesco [“Chi sono io per giudicare un gay?”].

Secondo un recente Rapporto dell’ISTAT, realizzato in collaborazione con l’UNAR, sulle discriminazioni nei confronti delle persone LGBTIQ+, nel 2020-2021 il 26% delle persone occupate o ex-occupate dichiara che essere omosessuale o bisessuale abbia rappresentato uno svantaggio nel corso della sua vita lavorativa. Sempre dal rapporto emerge che 1 persona su 5, occupata o ex-occupata in Italia, dichiara di aver vissuto un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro, con un’incidenza leggermente più elevata tra le donne (21,5% contro 20,4%), sia lesbiche, sia bisessuali, tra i giovani (26,7%), gli stranieri o apolidi (24,7%) e le persone che vivono nel Mezzogiorno (22,6%).

Su questi dati incidono profondamente pregiudizi religiosi (non solo di area cattolica) che sembrano insuperabili e privano le persone LGBTIQ+ della possibilità di realizzarsi profondamente come persone, anche nei contesti lavorativi.

Per approfondire

Cassazione n. 31071, 2021

Potrebbe interessarti anche