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Concorso G.d.F.: discriminata la donna in gravidanza

Giurisprudenza - Anna Piovesana - 4 Marzo 2022

 

Una candidata del concorso per allievi della Guardia di Finanza veniva esclusa dalla graduatoria perché in stato di gravidanza. Decideva, quindi, di impugnare avanti il TAR la determinazione di esclusione.

Il TAR, in accoglimento del ricorso, annullava il provvedimento, unitamente alla norma del bando che aveva disposto l’estromissione dalla procedura di reclutamento nei confronti delle candidate che, al 31.08.2016, non potevano essere sottoposte agli accertamenti sanitari di rito in quanto, in tale data, in gravidanza.

Il Giudice di primo grado rilevava, in particolare, che la predetta previsione del bando determinava un’inammissibile disparità di trattamento nei confronti di una concorrente donna che vedeva così pregiudicata la sua maternità e ciò in aperto contrasto con i precetti costituzionali (segnatamente, gli artt. 3 e 51 Cost.) e comunitari sulle pari opportunità e sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (Direttiva del Parlamento e del Consiglio, 5 luglio 2006, 2006/54/CE) .

Avverso tale sentenza proponeva appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il Consiglio di Stato, con la sentenza 24 dicembre 2021, n. 8578, ha confermato l’illegittimità dell’operato della Guardia di Finanza, precisando che l’esclusione definitiva della candidata in stato di gravidanza dalla graduatoria concorsuale contrasta con la normativa comunitaria e nazionale, secondo cui lo stato di gravidanza non può rappresentare un ostacolo nell’accesso al lavoro o fonte di discriminazione nell’ambito del rapporto lavorativo, nonché con i principi elaborati dalla Corte di Giustizia in punto di discriminazioni dirette per ragioni di sesso (tra altre, sentenza CGUE 8 novembre 1990, Dekker C 177/88).

Facendo leva sul predetto quadro normativo e giurisprudenziale, il Supremo Consiglio conclude che il DM 17/05/2000, n. 155 (Regolamento recante norme per l’accertamento dell’idoneità al servizio nella Guardia di finanza) deve essere letto nell’ottica di garantire l’uguaglianza sostanziale dei candidati che aspirano all’arruolamento in Guardia di Finanza ed evitare che la gravidanza, di per sé, possa costituire una causa di esclusione dal concorso, e, quindi, fonte di una discriminazione diretta fondata sul sesso, la cui eliminazione si impone come un obiettivo multilivello.

Secondo il Consiglio di Stato, il comma 3 del DM 155/2000 – ai sensi del quale l’accertamento nei riguardi dei candidati che partecipano ai concorsi per il reclutamento nella Guardia di finanza è effettuato entro il termine stabilito dal bando di concorso in relazione ai tempi necessari per la definizione della graduatoria- non può essere letto in stretta correlazione con il comma 2, nel senso che l’accertamento nei confronti della candidata in gravidanza è precluso definitivamente oltre il termine stabilito dal bando. Ad un’interpretazione siffatta ostano due ordini di considerazioni: la prima è che, sul piano logico, la durata dell’impedimento in questione non può che essere condizionata dallo sviluppo fisiologico della gravidanza, la seconda, di natura giuridica, consiste nel fatto che la lettura congiunta dei due commi trasformerebbe l’impedimento da temporaneo in definitivo, configurando una clausola di esclusione non prevista espressamente dal bando e riferita esclusivamente alle candidate di sesso femminile.

Se, dunque, la gravidanza costituisce un impedimento di natura temporanea, ne consegue l’ammissione con riserva della candidata in gravidanza. A detta ammissione con riserva consegue che, ai sensi dell’art. 2139, comma 1, codice militare (d.lgs. 66/2010), l’accertamento di idoneità al servizio va rinviato, per le candidate in stato di gravidanza, e svolto nel primo concorso utile successivo.

Il Consiglio di Stato ha da ultimo evidenziato che la gravidanza non può essere equiparata a infermità. La prima, infatti, è una situazione peculiare del sesso femminile, ad evoluzione fisiologica predeterminata e, in linea di massima, prevedibile, mentre la seconda è una condizione comune a entrambi i sessi, la cui durata è, sul piano prognostico, non predeterminabile. Da ciò discende, secondo il Collegio, che l’applicazione del limite temporale previsto dall’art 3, comma 3, DM 155/2000 esclusivamente a chi versa in stato di infermità non evidenzia alcuna irragionevolezza della disciplina, non determinando alcuna discriminazione nell’accesso all’impiego fondata sul sesso che il comma 2, del medesimo articolo 3, mira ad evitare.

Sulla scorta di quanto sopra, il Consiglio ha rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La sentenza in commento costituisce un passo avanti nella lotta contro le discriminazioni di genere in un settore, quale quello delle Forze Armate, il cui accesso è stato riservato, per molti anni, solamente agli uomini, iniziando le donne gradualmente a trovarvi ingresso solo negli ultimi vent’anni (L. 20.10.1999, n. 380).

I bandi per l’accesso alle carriere militari già in passato sono stati oggetto di censure da parte dei giudici, in quanto contenenti clausole discriminatorie nei confronti delle donne. Si pensi, ad esempio, alle clausole degli avvisi pubblici per l’accesso a Guardia di Finanza, Polizia e Vigili del Fuoco che stabilivano un’altezza minima per accedere alla selezione, requisito quest’ultimo che penalizzava indirettamente le donne, rispetto agli uomini. La giurisprudenza ha a più riprese statuito che per la posizione dei Vigili del Fuoco – così come per le Forze Armate – non possono essere inseriti limiti di altezza tra le cause di esclusione dalla procedura di assunzione, nonostante statura, peso e agilità siano astrattamente determinanti per lo svolgimento dei compiti previsti. Anche nel caso in cui le attività lavorative richiedono particolari capacità fisiche, la selezione non può essere limitata ad un “mero dato numerico” qual è l’altezza. Sarà piuttosto opportuno e necessario inserire prove pratiche per verificare – indipendentemente dalla statura – le reali capacità fisiche di un soggetto (si veda, tra le altre TAR del Lazio, la 17.03.2017 n. 3632).

Le conclusioni della giurisprudenza sono state cristallizzate dal D.P.R. 17 dicembre 2015 n. 207 che, relativamente a Forze Armate e Polizia, esclude l’altezza dai requisiti necessari per la partecipazione ai concorsi.

 

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