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Libertà religiosa a scuola: non è solo una questione di diritto di scelta

Giurisprudenza - Caterina Mazzanti - 30 Novembre 2020

La libertà religiosa riguarda convinzioni personali e contesti culturali: concerne le libertà individuali e il diritto all’autodeterminazione, soprattutto dei bambini. Negli anni, numerose pronunce hanno cercato di individuare un confine tra libertà religiosa e poteri pubblici, specie in relazione al contesto scolastico, ove l’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica è venuto meno con il Concordato del 1984.

La l. n.121/1985 (di Ratifica ed esecuzione del Concordato) prevede al secondo comma dell’art. 9, che «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado». A seguito di tale atto l’insegnamento della religione cattolica è stato ricondotto nell’ambito delle attività facoltative, pur non senza difficoltà (affrontate da Corte Cost. n. 203/1989 e n. 13/1991).

Nella sentenza n. 10273/2020, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha chiarito che la scelta delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica a scuola deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattica. Il differimento dell’attivazione delle predette attività a un momento successivo rispetto all’inizio dell’anno scolastico, infatti, determina una violazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento.

Il T.A.R. Lazio ha così accolto il ricorso promosso dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) per l’annullamento della circolare del MIUR n. 96/2012 (cui hanno fatto seguito le circolari relative agli anni scolastici 2014/15, 2019/2020, 2020/2021, di contenuto identico).

Nella circolare, si prevede che l’allegato relativo alle attività alternative debba essere compilato <<da parte degli interessati, all’inizio dell’anno scolastico, in attuazione della programmazione di inizio d’anno da parte degli organi collegiali>>, indicando a studenti e famiglie l’offerta di attività didattiche e formative, in alternativa ad attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente; libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado); ovvero alla non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica.

L’associazione ricorrente lamentava, dunque, che il modulo sulle attività didattiche alternative al predetto insegnamento venisse invece consegnato agli studenti e alle studentesse non frequentanti l’ora di religione ad anno scolastico iniziato, con un conseguente ritardo nell’avvio delle stesse, o addirittura senza che alcuna alternativa venisse offerta. In alcuni casi documentati, gli alunni e le alunne non realizzavano alcun progetto didattico, restando inattivi all’interno dei locali scolastici o essendo costretti a permanere nella propria classe durante l’ora di religione, nonostante l’espressa richiesta di non prendervi parte.

Il T.A.R. afferma che se è vero che per non condizionare la coscienza individuale nell’esercizio di una libertà religiosa è necessaria una scissione tra il momento dell’opzione di non avvalersi della religione cattolica e quello della scelta delle attività alternative (come espressamente evidenziato anche dalla Corte cost. 13/1991) quest’ultima deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio delle attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di imparzialità e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.).

Il modulo recante l’indicazione delle predette attività deve, quindi, essere consegnato in tempi utili, per non frustrare il diritto all’istruzione e alla manifestazione della personalità individuale dei diretti interessati. Trattandosi di attività didattica, essa va programmata per tempo, non “in corsa”, ed erogata con le stesse modalità con cui le altre attività formative sono offerte dalle istituzioni scolastiche.

Oltre a evidenziare la sussistenza, nel caso di specie, di una violazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi che determina la caducazione della circolare impugnata, la sentenza presenta anche un’importante valenza conformativa (v. Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 1993, n. 891; Consiglio di Stato sez. IV, 01/02/2001, n. 398), grazie alla quale i suoi effetti sono estesi pro futuro, recando una regola cui la Pubblica Amministrazione dovrà attenersi anche negli anni scolastici a venire.

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