Indennità di maternità: criteri di calcolo e discriminazione di genere
Il Tribunale di Ferrara, 10 gennaio 2020, ha accolto il ricorso promosso, ai sensi degli artt. 25 e 38, commi 1 e 2, d.lgs. n. 198/2006, da un’assistente di volo di Alitalia S.p.a., dichiarando discriminatorio, in ragione dello stato di gravidanza e, in seguito, di maternità, il comportamento tenuto dall’Ente, costituito dall’erogazione alla dipendente dell’indennità di maternità in misura inferiore al dovuto, a causa del mancato computo dell’indennità di volo in misura intera nel calcolo della retribuzione media globale.
La sentenza merita di essere segnalata in quanto, da un lato, stabilisce che anche un trattamento previdenziale riconosciuto alla lavoratrice, in quanto madre, in misura inferiore rispetto al dovuto può costituire un fatto discriminatorio; e, dall’altro lato, ha sottolineato l’irrilevanza, ai fini dell’accertamento della natura discriminatoria di un dato atto/fatto:
1) sia dell’elemento soggettivo, essendo la nozione di discriminazione oggettiva e del tutto sconnessa dalla volontà dell’agente;
2) sia dell’assenza di un termine di comparazione: “non rileva, nel caso di tratti di discriminazione per il fattore maternità, l’assenza di un termine di comparazione. Lo stato di maternità è infatti biologicamente connesso ad una condizione di genere, di talché non è necessario perché sussista la discriminazione che vi siano soggetti nella stessa condizione favoriti, essendo sufficiente un trattamento deteriore in assoluto ovvero che determini la compressione o la negazione di un diritto in ragione della condizione di madre“.
Nella specie, la pronuncia, richiamando gli insegnamenti di Cass., sent., n. 11414/2018, ha ribadito che l’interpretazione delle norme sul calcolo dell’indennità di maternità deve ispirarsi agli artt. 30, 31 e 37 Cost., privilegiando il criterio del maggior mantenimento possibile del livello retributivo immediatamente precedente al congedo per garantire al genitore un tenore di vita analogo a quello goduto in precedenza: “ciò in quanto il congedo di maternità e la relativa indennità sono posti a protezione della condizione biologica della donna durante e dopo la gravidanza ed alla protezione delle particolari relazioni tra la donna e il bambino durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto, onde evitare che queste relazioni siano turbate dal cumulo degli oneri derivanti dal contemporaneo svolgimento di un’attività lavorativa”.
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